Il manager tra mito e realtà: soggettività e oggettività
Un manager di oggi è un qualcosa di fortemente contraddittorio, caratterizzato dalla scarsa coerenza fra la concettualizzazione teorica e il vissuto di tutti i giorni".
Alcune contraddizioni, crediamo, possano essere derivate anche da certi luoghi comuni, credenze o come li chiama Henry Mintzberg "miti", che si sono sviluppati intorno alla figura del manager negli anni e che non corrispondono esattamente alla realtà".
Mintzberg, più di venti anni fa, descriveva questi miti in quattro punti:
- il dirigente è un pianificatore riflessivo e sistematico;
- il dirigente efficace non deve svolgere compiti regolari;
- al dirigente di livello gerarchico elevato occorrono informazioni globali;
- il management è, o quanto meno sta rapidamente diventando, una scienza ed una professione.
I punti appena citati a titolo esemplificativo, insieme a molti altri facilmente rintracciabili nella letteratura classica e contemporanea, testimoniano, al di là dei loro contenuti, la tendenza ad idealizzare e generalizzare alcune caratteristiche manageriali di moda in certi ambienti ed in determinati periodi storici che vengono considerate "oggettivamente" imprescindibili.
Questa pseudo-oggettività così determinata, mette in evidenza una contraddizione tra teoria del management e realtà organizzativa e quindi tra manager reale e manager ideale.
Il mondo in cui vive il manager è un mondo di rappresentazioni, di percezioni, di "soggettività".
Tale rappresentazione sociale, che è una modalità di conoscenza che l'individuo, in tutta la sua soggettività, utilizza per comprendere la realtà e comunicare con gli altri membri della collettività, ha la funzione di rendere possibile la comunicazione tra i componenti di una comunità, fornendo loro un codice per lo scambio sociale e un codice per denominare e classificare in modo non ambiguo i vari aspetti del loro mondo e la loro storia individuale e di gruppo".
La soggettività, quindi, non può e non deve essere eliminata, purchè non sfoci nel mito, nell'idealismo e rimanga ancorata ad una percezione della realtà che, seppur non oggettiva per definizione, sia sempre funzionale agli obiettivi manageriali ed organizzativi del manager.
Il manager deve emanciparsi dal mito senza essere però appiattito dalla realtà, deve vivere la propria soggettività per soddisfare le esigenze realizzative del proprio ruolo oggettivo all'interno del suo contesto di riferimento (organizzativo e di mercato) che è sia oggettivo che soggettivo. Un giusto equilibrio ed una adeguata dialettica tra soggettività ed oggettività, lontano da miti ed aride prese d'atto della realtà, è il punto di partenza per ogni manager che voglia realmente raggiungere gli obiettivi soprattutto di cambiamento/innovazione, apprendimento e allenamento, che il proprio ruolo, l'azienda in cui opera ed il mercato si aspettano da lui.
In un mondo dominato dalla discontinuità, i manager e leader di oggi e di domani devono creare un ambiente organizzativo che consideri il cambiamento, non solo come minaccia ma soprattutto come sfida e opportunità di crescita e miglioramento per il singolo individuo e per l'organizzazione.
Per far ciò i manager devono, quindi, gestire l'oggettività, cioè conoscere il proprio contesto di riferimento, captare ed interpretare i minimi segnali di cambiamento, avere una visione chiara del mercato e della sua evoluzione e gestire la soggettività, cioè devono avere una conoscenza e una comprensione della cultura dell' organizzazione in generale e delle caratteristiche, delle aspirazioni e delle percezioni delle persone che vi lavorano in particolare, per contribuire a sviluppare al massimo un'architettura sociale che stimoli al meglio il capitale intellettuale'' e per creare un clima e una cultura organizzativa che permetta alle risorse aziendali di lavorare bene insieme e di mettere in campo la loro creatività, la quale presuppone l'innovazione alla quale è fortemente corre lata attraverso la ricerca di combinazioni nuove connesse alle strategie innovative".
Il manager tridimensionale
Il modello tridimensionale del management (che gli autori propongono), prevede principalmente tre dimensioni, che, già oggi, ma soprattutto nei prossimi anni, giocheranno un ruolo chiave nel favorire il successo manageriale, e di conseguenza organizzativo/aziendale e di mercato.
- L'apprendimento. In ogni learning organization il forte orientamento all'apprendimento costituisce la base per il cambiamento, l'innovazione, e lo sviluppo. In questo senso un'efficace gestione dei processi di apprendimento da parte del manager è fondamentale per la sopravvivenza e l'efficacia aziendale, in quanto contribuisce a creare coerenza tra la cultura organizzativa e gli obiettivi aziendali.
- La leadership. Il fattore leadership appare anch'esso determinante, poiché consiste soprattutto nella capacità da parte del manager di cogliere il cambiamento e di trasferire ai suoi collaboratori e all'organizzazione una visione chiara e vincente.
- Il coaching. L'attività di coaching, che appare essenziale per il manager, permette all'azienda di disporre di manager-coach e di creare una cultura organizzativa/aziendale orientata al knowledge management ed alla learning organization;
Il leader deve avere la capacità di vedere il cambiamento e di prendere per mano il gruppo e portarlo verso nuovi assetti strategici e organizzativi o verso diversi comportamenti o modalità d'azione, cercando di prevenire atteggiamenti o fenomeni di resistenza.
Leadership significa inoltre che il manager dovrà avere qualità e comportamenti che gli permettano di convincere e di ottenere il consenso necessario a gestire fasi di cambiamento veloci e persino traumatiche.
Tratto da “Il coaching organizzativo” di G. Fatali, G. Nardini, F. Sprega. – F. Angeli Milano 2002