“Le risorse umane sono l’asset più importante della nostra azienda”. Ecco un’espressione usata e abusata. Al contrario, nella vita aziendale quotidiana la gestione delle risorse umane è spesso lasciata all’improvvisazione, quando addirittura non avviene di peggio, e cioè che si lasci il personale abbandonato a se stesso, dedito a lavorare e a far sentire il meno possibile la propria voce, in balia spesso di managers e colleghi arroganti. I risultati di una tale situazione non tardano a dare frutti negativi, i collaboratori sono demotivati e non assumono iniziative, la produttività diminuisce, i conflitti sociali aumentano, il business va male, e l’organizzazione si chiede il perché. Il perché è presto spiegato; le risorse umane non sono valorizzate e gestite. La ricerca ha individuato una relazione diretta tra le politiche di gestione delle risorse umane e i risultati di business. I dati dimostrano, come è riportato nel seguito di questo articolo, che le migliori aziende dal punto di vista del benessere organizzativo sono anche quelle che ottengono i migliori risultati economici e finanziari. E’ così difficile capire che, dato che il lavoro è svolto da persone, queste lo svolgono meglio se motivate a farlo ? Se lo scetticismo permane allora affidiamoci ad una serie di ragionamenti logici e concatenati, e soprattutto alla ricerca accademica, alla letteratura, e alla prassi.
La teoria universalista – People first
Libera sintesi da: Pfeffer Jeffrey: The Human Equation: Building Profits by Putting People First (Harvard Business School Press, 1998).
Le argomentazioni universalistiche rappresentano una delle forme più semplici delle affermazioni teoriche inerenti alla letteratura di gestione delle risorse umane. Secondo tale approccio determinate pratiche di gestione delle risorse umane sono più efficaci di altre, perché generano maggiore produttività e profittabilità nell’impresa. Sono dunque da adottare al fine di conseguire il successo aziendale. Gli effetti dell’applicazione di queste pratiche sono generalizzabili a tutte le organizzazioni, quindi le aziende che le implementeranno otterranno un durevole vantaggio competitivo. Pfeffer individua sette pratiche di gestione risorse umane da considerare strategiche:
- Sicurezza dell’impiego a lungo termine;
- Selettività nel reclutamento del personale;
- Gruppi auto-gestiti e decentramento decisionale come principi basilari del disegno organizzativo;
- Retribuzioni contingenti alle prestazioni organizzative;
- Formazione intensiva;
- Riduzioni delle differenze di status;
- Ampia condivisione delle informazioni.
Ma esiste la possibilità di riscontrare nella pratica quotidiana che le migliori aziende dal punto di vista del business sono anche le migliori dal punto di vista delle relazioni?Great Place to work è una global consultancy company che individua i parametri che distinguono le aziende eccellenti, rileva annualmente le loro performance, e rende pubblici i dati ottenuti. Dall’esame di questi dati si evince che le migliori aziende dal punto di vista del business sono le migliori anche dal punto di vista dell’ambiente sociale di lavoro, un great place to work, appunto.
Great place to work
Il Great Place to Work® Institute ascolta i dipendenti e valuta i datori di lavoro dal 1980, per capire che cosa rende un ambiente di lavoro eccellente. Alla base di ogni eccellente ambiente di lavoro c'è la fiducia tra dipendenti e management. L’ approccio si basa sulle principali scoperte di più di vent'anni di ricerca. Alla base della definizione di ambiente di lavoro eccellente vi è l’idea che tutto questo dipenda dalla qualità delle tre relazioni che si intrecciano tra loro:
- La relazione tra i dipendenti e il management.
- La relazione tra i dipendenti e la loro occupazione/azienda.
- La relazione dei dipendenti tra di loro.
Quando l'azienda diventa eccellente, la separazione tra management e lavoratori diminuisce. L'ambiente di lavoro diventa una comunità. I dipendenti si sentono orgogliosi del loro lavoro, del loro team e della loro azienda. Celebrano il successo dei loro pari e collaborano con gli altri in ogni parte dell'organizzazione. Le persone apprezzano il loro lavoro - e le persone con cui lavorano - in modo radicato e duraturo. Essi vogliono continuare a sviluppare la propria carriera in azienda.
Le politiche delle Risorse Umane in una grande multinazionale
Per tentare di dimostrare l’assunto per cui le migliori aziende dal punto di vista della performance di business sono quelle che risultano essere dei great place to work, prendiamo ad esempio una grande multinazionale del settore retail. Si tratta di Ikea, che nella gestione delle risorse umane applica i principi enunciati da Pfeffer, e che nelle indagini su scala mondiale condotte da Great Place to Work, ha ottenuto e continua ad ottenere risultati lusinghieri. A questi risultati si affiancano le cifre del business, che nonostante la crisi mondiale sono imponenti e in crescita. Infatti, nell'anno fiscale 2009 il Gruppo IKEA ha registrato un aumento del fatturato dell'1,4%, per un totale di 21,5 miliardi di euro.
L’idea delle risorse umane in Ikea
Alla base della crescita di IKEA si collocano da sempre i collaboratori. È grazie a loro se IKEA riesce a raggiungere i suoi obiettivi; allo stesso modo l’azienda vuole essere un veicolo attraverso cui le persone possano realizzarsi. Infatti, l’idea delle Risorse Umane di IKEA è quella di “dare a persone schiette e oneste la possibilità di crescere sia sul piano individuale, sia su quello professionale, con l’obiettivo di creare insieme una vita quotidiana migliore per se stessi e per i propri clienti.” L’onestà e la schiettezza sono anche alla base del patto che le persone stabiliscono con IKEA nel momento in cui iniziano a lavorare in azienda. Questo patto riguarda da una parte ciò che IKEA si aspetta da tutti i suoi collaboratori e, dall’altra, ciò che IKEA stessa offre loro in cambio. Questo principio presuppone un reciproco impegno. I collaboratori che ogni giorno vivono e promuovono i valori di IKEA, lavorano con impegno ed energia per soddisfare il cliente, accettando con entusiasmo le sfide professionali che si presentano, possono contare sul fatto che l’azienda offre loro in cambio un ambiente di lavoro informale e piacevole, la possibilità di crescere professionalmente e l’adeguato riconoscimento per il contributo apportato. Il successo di IKEA potrà continuare solo se proseguirà questa forte collaborazione basata sull’onestà reciproca.
Alcuni risultati ottenuti da Ikea nella classifica Great Place to Work
- IKEA Italia 2002 Listed in: Best Workplaces in Italy 2002(ranked: 14)
- IKEA North America 2005 Listed in: Best Companies in America 2005(ranked: 62)
- IKEA Norway 2006 Listed in: Best Companies in Norway 2006 (ranked: 15)
- IKEA GmbH Österreich 2007 Listed in: Best Workplaces in Austria 2007 (ranked: 17)
- IKEA Ibérica 2009 Listed in: Best Workplaces in Spain 2009 (ranked: 5 )
- Polsce 2010 Listed in: Best Workplaces in Poland 2010(ranked: 1)
- IKEA Oy Finland 2010 Listed in: Best Workplaces in Finland 2010(ranked: 3)
- IKEA Ibérica 2010 Listed in:Best Workplaces in Spain 2010(ranked: 3)
Conclusioni
“Building profits by putting people first”, afferma nel suo best seller Jeffrey Pfeffer (The human equation). Dato che vi è una relazione diretta, e dimostrata secondo le opinioni più accreditate, tra benessere lavorativo e ottime performance aziendali, decidiamoci a mettere le persone in primo piano, andando finalmente al di là delle affermazioni di principio. Le persone motivate contribuiscono allo sviluppo del business, e questa è ormai una constatazione. Persino se crediamo nella concezione settecentesca, ma dura a morire, che l’economia di mercato è basata su meri calcoli egoistici, il sano egoismo dovrebbe spingerci ad adottare buone pratiche di gestione delle risorse umane. Motiviamo le persone, sviluppiamo le loro competenze, creiamo un clima di fiducia, riduciamo le gerarchie. Otterremo come risultato un’organizzazione sana che va avanti da sola, con la forza dei collaboratori. Il tema del “benessere organizzativo” o “salute organizzativa” è ormai da tempo argomento di attenzione, anche normativa. Per benessere organizzativo si intende comunemente la capacità dell’organizzazione di promuovere e mantenere il benessere fisico, psicologico e sociale dei lavoratori per tutti i livelli e i ruoli. Studi e ricerche sulle organizzazioni hanno dimostrato che le strutture più efficienti sono quelle con dipendenti soddisfatti e un “clima interno” sereno e partecipativo. La motivazione, la collaborazione, il coinvolgimento, la corretta circolazione delle informazioni, la flessibilità e la fiducia delle persone sono tutti elementi che portano a migliorare la salute mentale e fisica dei lavoratori, la soddisfazione dei clienti e degli utenti e, in via finale, ad aumentare la produttività.
P.S.
Se pensate che le politiche tendenti al benessere organizzativo siano alla portata, solo, delle grandi imprese, e che in quelle di più ridotte dimensioni siano un lusso che di questi tempi non ci si può permettere, visitate Great Place to Work.Sarete sorpresi di scoprire che le piccole imprese più performanti sono anche quelle che i collaboratori giudicano un posto fantastico dove lavorare.