Stress lavoro correlato

Stress lavoro correlato e benessere organizzativo

 

6. BUONE PRATICHE PROFESSIONALI

6.1. Rispetto dell’etica professionale

Lo psicologo che interviene nell’ambito del Dlgs. 81/2008 presta particolare attenzione alle implicazioni collegate all’art. 2.2 del Meta-codice di etica della Federazione Europea delle Associazioni di Psicologi (www.inpa-europsy.it/metacodiceetica.pdf ), che recita: “Gli psicologi devono assicurare e mantenere alti standard di competenze nel loro lavoro. Riconoscono i limiti delle competenze specifiche e i confini dei loro ambiti d’intervento. Forniranno solo quei servizi e useranno solo quelle tecniche per le quali sono qualificati tramite la formazione, il training e l’esperienza”. Analoghe indicazioni sono contenute nel codice deontologico approvato dal Consiglio Nazionale dell’Ordine nazionale in data 15-16 dicembre 2006 (www.psy.it/codice_deontologico.html).

6.2 Suggerimenti operativi per buone pratiche professionali

In particolare, oltre al rispetto degli obblighi di legge (ad esempio per quanto concerne la tutela dei dati personali) lo psicologo cura:

1) di essere a conoscenza dei modelli teorici, degli approcci e delle linee-guida validati dalla comunità scientifica internazionale (operativamente, lo psicologo deve essere in grado di indicare le evidenze empiriche che giustificano la scelta dei propri strumenti e metodi di lavoro);

2) che le misure delle dimensioni rilevanti per il Dlgs. 81/2008 siano sempre fondate sia su dati c.d. “oggettivi” (come, ad esempio, dati aziendali, dati di archivio su assenteismo, turn-over, ecc., osservazioni apposite o misure psicofisiologiche) che su dati c.d. “soggettivi” (come ad esempio dati percettivi raccolti mediante questionario);

3) che gli strumenti che utilizza:

3.1. distinguano convenientemente tra misure dello strain (effetti sulla persona) e misure del rischio;

3.2. distinguano tra dati sugli antecedenti dello stress lavoro-correlato, sui fattori di modulazione e sui possibili esiti;

3.3. abbiano adeguata validità di costrutto e predittiva;

4) di prevedere sempre il coinvolgimento dei lavoratori interessati nella diagnosi della situazione, direttamente (ad esempio, mediante intervista sul singolo posto di lavoro) o indirettamente (ad esempio, mediante focus group o testimoni privilegiati);

5) di adattare misure e strumenti al contesto produttivo e psicosociale in cui opera, per salvaguardare validità e attendibilità della sua diagnosi (cfr. punto 5.2);

6) di operare con modalità di intervento capaci di fornire una diagnosi valida e attendibile, ma con la minima interferenza possibile con il processo produttivo;

7) che il feedback dei risultati di sua competenza sia disponibile tanto alla direzione che ai lavoratori, nelle forme che avrà cura di concordare per iscritto prima dell’intervento: sarà opportuno precisare contenuti, modi, tempi e sequenzialità (in quale ordine ai diversi attori) della comunicazione.