Stress lavoro correlato

Stress lavoro correlato e benessere organizzativo

Chi ci guadagna e chi ci perde.

Il dipendente

Ciò che “perde” il dipendente dalla mancata valutazione del rischio psicosociale è più facilmente evidenziabile. Si tratta di una vasta gamma di sintomatologie che non potranno essere attribuite anche al contesto lavorativo, ma che passano come tolleranza individuale e personale al “normale” stress che accompagna qualunque attività lavorativa. Se, invece, la valutazione del rischio psicosociale venisse fatta? Forse il dipendente rischierebbe di essere “catalogato” tra i soggetti deboli e, quindi, a rischio “discriminazione”, ad esempio nei percorsi di carriera/responsabilità (in altri termini: io manager e/o datore di lavoro posso farmi l’idea che quel dato dipendente non sia in grado di sopportare il peso delle nuove responsabilità che comporterebbe la nuova posizione organizzativa e, quindi, preferisco promuovere qualcun altro).

Il datore di lavoro

Ad una prima evidenza e sicuramente nel breve periodo, il datore di lavoro ha tutto ad guadagnarci nell’evitare la messa in atto di una procedura per la valutazione del rischio psicosociale: tempi lunghi, costi diretti comunque elevati, ritorno futuro dubbio; tre elementi sufficienti a dissuadere anche i più attenti al benessere delle proprie risorse umane. Altro motivo per non procedere è il rischio “intrusività”: la valutazione del rischio psicosociale entra nei meccanismi organizzativi dell’impresa e nella gestione del personale da questa adottata. Il che implica quanto meno una messa in discussione dell’operato del management e del datore di lavoro. Perché un imprenditore dovrebbe permettere ad un terzo estraneo all’impresa di “mettere il naso” in simili cose? Perché sottoporsi ad una valutazione del genere?

Ovvio che, se la questione viene vista in questi termini, è più facile propendere per il non fare la valutazione! Ma è possibile guardare al problema (che in ogni caso esiste comunque) da altri punti di vista? Cominciamo dai costi.

Il costo del non fare la valutazione è dimostrato essere rilevante per un impresa: numero di infortuni, numero di permessi per malattia, numero di “errori” di fabbricazione sul prodotto finito, livello della conflittualità interna (non necessariamente sindacalizzata), difficoltà maggiori nel rispetto dei tempi di produzione. Tutto questo ha un costo effettivo per l’impresa? Nel 2008 l’Istat ha rilevato che già oltre 10 milioni di lavoratori (circa il 44% di tutti gli occupati italiani) asserivano di vivere una situazione di lavoro poco sicura per la propria salute: gli operai e i manovali in genere temevano di più per la salute fisica, mentre i lavoratori “da scrivania” per quella psicologica. I danni economici che ogni anno crea uno stato psicofisico non ottimale dei lavoratori, è altissimo per tutta la società: la perdita complessiva è stimata in circa 20 miliardi di Euro (dati OSHA). Persino sulla stampa italiana vengono riportate notizie relative ai costi del mancato controllo e monitoraggio dello stress. Citiamo tra gli altri un articolo apparso sul Corriere della Sera del 05.11.2009 di Alessandra Carboni.

“Un consiglio ai datori di lavoro: abbiate cura dei vostri dipendenti e fate sì che possano lavorare senza stress e liberi dall’ansia. Così facendo l’azienda potrebbe risparmiare migliaia di euro. Il suggerimento arriva dal National Institute for Health and Clinical Excellence (NICE) britannico, che mette in luce come ogni anno nel Regno Unito vadano persi più o meno 13 milioni di giorni lavorativi proprio a causa dello stress accumulato negli uffici dai dipendenti. Il tutto, ovviamente, con relative ripercussioni sui conti aziendali. Il NICE ha infatti stimato che, tra perdita di produttività e spese per la sostituzioni degli stressati assenti in malattia, ogni anno il costo complessivo dello stress gravi sulle aziende del Regno d’oltremanica per un totale di circa 31 miliardi di euro. La principale responsabilità di tale situazione sarebbe – sempre secondo gli esperti del National Institute – dei manager, che dovrebbero accantonare atteggiamenti rigidi e autoritari e imparare invece a gratificare i quadri inferiori, dando loro feedback positivi, consentendo maggiore flessibilità sul lavoro e concedendo giorni liberi come premio. Inoltre, i dirigenti potrebbero investire in corsi di formazione per i manager e in assistenza allo staff dei dipendenti al fine di agevolarne l’avanzamento di carriera: in questo modo il fardello che appesantisce i loro conti sarebbe decurtato di un terzo. Secondo i conteggi del NICE, adottando tutte queste accortezze un’azienda media con mille dipendenti arriverebbe a risparmiare circa 278 mila euro in un anno. Come sottolineato dal Professor Cary Cooper, esperto in psicologia del lavoro presso la Lancaster University, «non bisogna sottovalutare l’importanza di dire "bravo" a un dipendente», ma a quanto pare è più facile che un lavoratore sia rimproverato per un errore commesso piuttosto che gratificato per un risultato raggiunto.”

Il costo del fare la valutazione del rischio psicosociale: qui il discorso si fa più complesso.

Nelle ultime linee guida dell’ex ISPELS si affermava che i questionari da utilizzare devono essere validati in Italia perché possano considerarsi attendibili. Se questo è decisamente vero, è anche vero che per ottenere una taratura italiana di uno strumento testistico occorre una discreta mole di dati, ottenuta tenendo conto delle diverse tipologie di impresa esistenti sul territorio italiano, ovvero deve essere attendibile sia per l’azienda con 80 dipendenti che effettua lavorazioni meccaniche sia per la società di servizi fiscali e finanziari con 250 dipendenti. Questo genere di lavoro di validazione, in Italia, sono in grado di farlo pochissimi enti e quasi sempre si tratta di Università pubbliche. Infatti, in Scozia ad esempio, lo strumento test, tarato e validato, è messo a disposizione gratuitamente dall’Università per tutti coloro che lo richiedono. Bisognerebbe verificare se in Italia viene adoperato lo stesso criterio oppure no. Da una nostra ricerca in rete ci risulta quanto illustrato nella tabella che segue:

denominazione questionario

Autori

Versione base Cartacea/On line

Pubblicato da

Costo minimo

OPRA

Organizational and Psychosocial Risk Assessment - Test per l’adempimento degli obblighi D.Lgs. 81/08 

Mario Magnani, Gaetano Andrea Mancini e Vincenzo Majer

Kit Base Cartaceo

OS Firenze

295 euro (iva assolta) – Ma va aggiunto il costo dello scoring fornito solo da OS

M_DOQ10

Majer_D'Amato Organizational Questionnaire 10 - Un questionario multifattoriale per la diagnosi delle organizzazioni

Alessia D'Amato e Vincenzo Majer

Kit Base Cartaceo

OS Firenze

534 euro (iva assolta)

TEST DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO STRESS LAVORO-CORRELATO nella prospettiva del benessere organizzativo (Q-Bo)

Nicola A. De Carlo, Alessandra Falco e Dora Capozza (a cura di)

Sia cartaceo che on line. Per la versione digitale va richiesto un preventivo attraverso la compilazione di un modulo.

Franco Angeli Editore Milano

Per un organizzazione di 20 dipendenti con alcuni gruppi omogenei: 2.200 Euro + iva

OSI

OCCUPATIONAL STRESS INDICATOR - Un package integrato ed autonomo per l'analisi e il trattamento dello stress occupazionale

C.L. Cooper, S.J. Sloan e S. Williams

Kit Base Cartaceo.

OS Firenze

294 euro (iva assolta)

 

Nota: OS Firenze, prevede lo scoring on line. Per maggiori dettagli: http://nuovo.giuntios.it/it/main/home

Questionari Elencati nell’ultimo Documento ISPSELS (oltre ai precedenti)

RISK ORGANIZATION ASSESSMENT QUESTIONNAIRE – ROAQ - E. Cordaro, D. Di Nicola

Dopo una descrizione dello strumento si rinvia per approfondimenti ad un sito web dove, registrandosi gratuitamente, non compare nulla (ore 10.24 del 29.09.2010).

Questionario Multidimensionale sulla Salute Organizzativa (MOHQ) di F. Avallone, A. Paplomatas (2005). Per richiederlo bisogna registrarsi al sito (OISOrg.it) ed attendere di essere contattati. Ci abbiamo provato il 22.06 ed il 29.09 2010. Siamo in attesa di risposta.

JOB CONTENT QUESTIONNAIRE – JCQ - R. A. Karasek. - Scaricabile gratuitamente dal nostro sito.

A parte le ovvie considerazioni sui costi, resta comunque una forte perplessità in ambito scientifico e consulenziale sull’attendibilità dei risultati ottenuti attraverso i questionari per quella specifica azienda e per l’utilizzo che può essere fatto dei risultati. Proprio per questo noi ribadiamo che un approccio centrato prevalentemente o quasi esclusivamente sull’uso di questionari, oltre a costare a volte anche una cifra considerevole, sia un approccio incompleto, quando poco realistico. A questo proposito, riportiamo qui di seguito parte di uno tra i tanti articoli apparsi negli ultimi due anni sul tema. Si tratta di un articolo scritto da Paul Maurice Conway - Psicologo della Salute Occupazionale, PhD del Dipartimento di Medicina del Lavoro - Università degli Studi di Milano, pubblicato sulla newsletter dell’ASSOCIAZIONE PER LA SICUREZZA DEI LAVORATORI DELL’EDILIZIA e dal titolo: “Analisi di alcuni strumenti di valutazione soggettiva dello stress lavorativo”.

“Benché i questionari soggettivi rappresentino strumenti sostanzialmente validi per l’analisi del rischio da stress lavoro-correlato, è importante tenere conto di alcuni limiti che li caratterizzano e contestualizzarli adeguatamente nel complesso delle procedure di valutazione e gestione del rischio stress lavoro-correlato. In particolare, è utile considerare i seguenti aspetti, soprattutto nell’ambito delle valutazioni del rischio stress lavoro-correlato da effettuarsi in singole realtà organizzative:

• Nella maggioranza dei casi, i questionari per la valutazione soggettiva dello stress lavoro correlato sono stati sviluppati a partire da quadri teorici, e dunque pongono l’accento su determinati fattori di rischio e sulle loro interazioni. Di conseguenza, nonostante l’indubbio vantaggio legato alla semplificazione, è possibile che trascurino fattori di rischio che potrebbero risultare invece determinanti in un ambito lavorativo specifico.

• I questionari generalisti, contenendo domande applicabili a qualsiasi ambito, possono risultare “distanti” dal lavoro reale delle persone. Per una valutazione adeguata, è dunque importante utilizzare anche strumenti che consentano un’analisi più “ecologica” del lavoro, in modo da cogliere rischi propri del contesto in esame.

• Per assicurare la validità della valutazione, ed evitare la “trappola della banalità” (ossia la presenza di correlazioni tra esposizione ed esiti di salute dovute in buona parte al metodo comune utilizzato per la misurazione, soprattutto per via dell’influenza esercitata da disposizioni personali quali l’affettività negativa), è opportuno, se fattibile, basare l’analisi sul principio della “triangolazione metodologica”, ossia combinare dati self-report con dati “oggettivi”, raccolti in maniera indipendente rispetto ai soggetti esaminati (per esempio checklist osservazionali, esame della documentazione, analisi dell’esperto, indicatori fisiologici). In più, l’uso di dati “oggettivi” consente di identificare precisi aspetti del compito e dell’organizzazione del lavoro associati alle maggiori criticità emerse dalle valutazioni soggettive, così da supportare l’attuazione di interventi concreti di riduzione primaria del rischio.

• I valori normativi di un questionario dovrebbero essere interpretati non secondo un approccio manicheistico “bene/male”, ma come indicazione di aspetti prioritari su cui una specifica realtà organizzativa dovrebbe porre attenzione ai fini della riduzione e/o prevenzione del rischio. E’ tuttavia importante analizzare attentamente la qualità dei valori normativi, in particolar modo il campione raccolto e l’attualità dei dati. Una critica mossa nei confronti dell’uso di valori normativi nell’ambito della valutazione dello stress lavoro correlato è legata al posizionamento della soglia: infatti, nel caso all’interno del campione utilizzato per calcolare le norme questa coincidesse con un valore negativo, un valore comparativamente più favorevole osservato in una determinata realtà lavorativa non potrebbe essere interpretato come una situazione positiva.

• Perché la valutazione possa essere considerata valida (tasso di risposta, non condizionamento delle risposte, ecc.), è opportuno operare scelte ponderate rispetto alle modalità di somministrazione dei questionari, che sono tanto importanti quanto il loro contenuto.

Per concludere?

Prima di comprare questionari e consulenze, forse vale la pena ragionare su un aspetto più generale e con una visione più complessiva. Ovvero, le due domande da porsi sono: a me imprenditore interessa che la mia azienda riesca a produrre meglio e di più? Sono consapevole del fatto che per ottenere questo risultato devo adoperarmi per far stare meglio (il meglio possibile) i miei dipendenti? Se la risposta ad entrambe le domande è SI, allora chiamateci per parlarne seriamente.