Stress lavoro correlato

Stress lavoro correlato e benessere organizzativo

GESTIONE DEI RISCHI PSICOSOCIALI E BENESSERE LAVORATIVO

Valutazione del rischio stress lavoro correlato

Tentiamo di fare una sintesi di alcuni punti di vista in materia di stress correlato al lavoro. Questi punti di vista sono diversi, più che sui contenuti, soprattutto in ragione dell’enfasi che pongono su alcuni aspetti metodologici relativi al processo di valutazione del rischio, e ai soggetti che detengono l’ownership degli aspetti principali di detto processo. Così la Confindustria pone l’accento sulla priorità da dare all’analisi degli elementi oggettivi che possono indicare la presenza del rischio, la CGIL raccomanda di non usare lo “stressometro” per misurare lo stress in quanto ciò che deve essere misurato non è la conseguenza (lo stress appunto) ma le cause della presenza del rischio. L’ordine degli psicologi traccia il profilo dello “psicologo esperto di organizzazioni lavorative” come figura a cui è opportuno affidare la gestione del processo di valutazione, in questo modo centrando un aspetto importante, e cioè che la conseguenza dell’esposizione al rischio, cioè lo stress, è un elemento da indagare con gli strumenti della psicologia.

I tre punti di vista hanno in comune la concezione che lo stress  è una conseguenza (mera conseguenza), e che ciò che si deve valutare è la presenza del rischio. Ciò è coerente con le linee guida nazionali emanate da organismi istituzionali, e prima ancora con le best practices internazionali. E vi è assoluta concordanza di posizioni sul fatto che fonte primaria di rischio è l’organizzazione e i fattori organizzativi, e che grande importanza hanno le politiche e modalità di gestione delle risorse umane.

Dallo stress lavoro correlato al benessere organizzativo – La posizione del Ministero della funzione pubblica

Anche il Ministero della funzione pubblica si è occupato della questione, o meglio, si è posto all’avanguardia tracciando le linee di indirizzo per la gestione del benessere lavorativo all’interno delle pubbliche amministrazioni, e ciò in epoca precedente all’insorgenza dell’obbligo. Parlare di benessere lavorativo significa, a nostro parere,  sottintendere che si sono già acquisite le indicazioni provenienti dalla ricerca e dalle esperienze concrete tese a eliminare o ridurre il rischio stress da lavoro, costruendo un ambiente di lavoro fisicamente e socialmente confortevole.

Concretamente, infatti, il Ministero raccomanda di agire sui seguenti fattori all’interno delle organizzazioni:

a. Caratteristiche dell’ambiente nel quale il lavoro si svolge

b. Chiarezza degli obiettivi organizzativi e coerenza tra enunciati e pratiche organizzative

c. Riconoscimento e valorizzazione delle competenze

d. Comunicazione intraorganizzativa circolare

e. Circolazione delle informazioni

f. Prevenzione degli infortuni e dei rischi professionali

g. Clima relazionale franco e collaborativo

h. Scorrevolezza operativa e supporto verso gli obiettivi

i. Giustizia organizzativa

l. Apertura all’innovazione

m. Stress

n. Conflittualità

 

Occuparsi di benessere lavorativo significa quindi riconoscere che è determinante agire sull’organizzazione in quanto potenziale generatrice di benessere. Ciò è coerente con le varie pratiche internazionali, soprattutto nordeuropee, e con le linee guida degli organismi istituzionali.

Perché le aziende dovrebbero occuparsi di benessere organizzativo

Tentiamo di rispondere a questa domanda in modo estremamente concreto, citando alcuni statements tratti dalla politica di gestione e sviluppo risorse umane di una multinazionale di grande successo, e che basa questo successo, dal punto di vista dell’organizzazione, sul concetto di benessere lavorativo.

Tratto da “Report ambientale sociale Risorse Umane 2009” - Ikea

“Alla base della crescita di IKEA si collocano da sempre i collaboratori. È grazie a loro se IKEA riesce a raggiungere i suoi obiettivi; allo stesso modo l’azienda vuole essere un veicolo attraverso cui le persone possano realizzarsi. Infatti, l’idea delle Risorse Umane di IKEA è quella di “dare a persone schiette e

oneste la possibilità di crescere sia sul piano individuale, sia su quello professionale, con l’obiettivo di creare insieme una vita quotidiana migliore per se stessi e per i propri clienti.” L’onestà e la schiettezza sono anche alla base del patto che le persone stabiliscono con IKEA nel momento in cui iniziano a lavorare

in azienda. Questo patto riguarda da una parte ciò che IKEA si aspetta da tutti i suoi collaboratori e, all’altra, ciò che IKEA stessa offre loro in cambio. Questo principio presuppone un reciproco impegno. I collaboratori che ogni giorno vivono e promuovono i valori di IKEA, lavorano con impegno ed energia per soddisfare il

cliente, accettando con entusiasmo le sfide professionali che si presentano, possono contare sul fatto che l’azienda offre loro in cambio un ambiente di lavoro informale e piacevole, la possibilità di crescere professionalmente e l’adeguato riconoscimento per il contributo apportato. Il successo di IKEA potrà continuare solo se proseguirà questa forte collaborazione basata sull’onestà reciproca. 


Riportiamo qui di seguito alcuni estratti di documenti di organismi istituzionali e parti sociali, che possono dare conto di queste diversità, apparente, di posizioni.

Confindustria Basilicata (download documento completo)

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Prima analisi: indicatori oggettivi di potenziale stress

 

L’approccio iniziale alla valutazione dello stress lavoro correlato dev’essere di tipo oggettivo:

secondo l’accordo interconfederale, infatti, benché potenzialmente “lo stress possa riguardare

ogni luogo di lavoro ed ogni lavoratore, indipendentemente dalle dimensioni dell’azienda, dal

settore di attività o dalla tipologia del contratto o del rapporto di lavoro, ciò non significa che

tutti i luoghi di lavoro e tutti i lavoratori ne sono necessariamente interessati.”

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Se questa fase dovesse dare (ad esempio, per le ridottissime dimensioni dell’azienda) risultato

negativo, la valutazione potrebbe concludersi con l’impegno a monitorare eventuali

comportamenti anomali, magari su segnalazione del medico competente.

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Seconda analisi: comportamenti soggettivi in assenza di indicatori oggettivi e

valutazione del rischio stress

Fondamentale è il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati (anche eventualmente

attraverso interviste o test individuali) evitando la somministrazione di questionari

generalizzati e non calati nel contesto aziendale di riferimento.

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3) Terza analisi: comportamenti soggettivi in presenza di indicatori oggettivi

In presenza di uno dei fattori sopra indicati che possono denotare la presenza di stress nel

luogo di lavoro, ovvero comunque nel caso di mutamenti comportamentali del gruppo di

lavoratori, si dovrebbe verificare quale sia la reazione soggettiva dei singoli lavoratori

interessati in termini di percezione dello stress.

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4) Quarta analisi: misure di prevenzione e protezione

Nello scegliere le misure ed i provvedimenti di prevenzione adeguati, dato il carattere variabile

del fenomeno stress, legato a fattori “imprevedibili” (es. le diverse reazioni dei gruppi - o del

singolo - nei confronti della medesima scelta aziendale che sia tecnica, gestionale,

organizzativa o un evento che subentra nella vita di una persona), si potrebbero adottare

differenti misure. Tra queste:

•misure tecniche, organizzative, procedurali

•potenziamento di automatismi tecnologici

•alternanza di mansioni nei limiti di legge e di contratto

•riprogrammazione dell’attività

•particolare formazione e addestramento

•forme di comunicazione

•forme di coinvolgimento

•particolare sorveglianza sanitaria.

CGIL FISAC Credito (download documento completo)

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Esiste un grande fraintendimento, che si sta consumando dietro alla questione del rischio da stress lavoro-correlato, è il pensiero di molti in merito alla misura del livello di stress dei lavoratori, quasi che ci sia necessità di uno "stressometro". Non è così.

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Nel metodo, la valutazione implica gli strumenti e gli approcci dell'analisi di clima, quindi la diagnosi è sull’organizzazione non sulle persone.

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In attuazione dei principi espressi, bisogna attivarsi in questa sequenza:

 

1. Prendere consapevolezza del problema, che riguarda tutti in azienda, compreso il Datore di Lavoro, che per legge deve occuparsene; è necessario costruire una compliance del management aziendale

2. Riconoscere il pericolo costituito dalle fonti di stress. Per fare questo è necessaria una partecipazione attiva dei lavoratori e dei loro rappresentanti (almeno attraverso la rappresentanza)

3. Analizzare e valutare il rischio collegato, relativo allo stress lavoro-correlato

4. Scegliere e mantenere in essere misure di prevenzione, protezione collettiva e protezione individuale (questa misure vanno indicate nel DVR)

5. Fare formazione ai lavoratori ed a tutti i soggetti interessati, compresi i dirigenti e preposti

6. Fare attenzione ai processi interpersonali, in particolare a quelli comunicativi

Ordine Psicologi Lombardia

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Se consideriamo che lo stress lavoro-correlato è definito dall’Accordo Europeo come “uno stato … che consegue dal fatto che le persone non si sentono in grado di superare i gap rispetto alle richieste o alle attese nei loro confronti”, risulta fondamentale considerare la relazione tra il contesto e il contenuto del lavoro e la persona/lavoratore.
Da questa considerazione si intuisce quanto lo psicologo esperto di organizzazioni lavorative sia la figura professionale più adatta per poter effettuare la valutazione stress lavoro-correlato creando un reale vantaggio sia per i lavoratori sia per le aziende stesse.
Inoltre, è proprio lo psicologo esperto di organizzazioni lavorative che ha le conoscenze necessarie per poter aiutare l’organizzazione a introdurre misure correttive o compensative per prevenire o arginare le situazioni di stress.

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Ministero della Funzione Pubblica

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Il Dipartimento della Funzione Pubblica intende sostenere la capacità delle amministrazioni

pubbliche di attivarsi, oltre che per raggiungere obbiettivi di efficacia e di produttività, anche per

realizzare e mantenere il benessere fisico e psicologico delle persone, attraverso la costruzione di

ambienti e relazioni di lavoro che contribuiscano al miglioramento della qualità della vita dei

lavoratori e delle prestazioni.

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Con questa direttiva il Dipartimento della Funzione Pubblica, in linea con la volontà del Governo di

attuare un radicale processo di cambiamento della pubblica amministrazione, pone l’attenzione sulla

gestione delle risorse umane, dando contenuto a quanto previsto dal decreto legislativo 30 marzo

2001, n. 165 e, in particolare, all’art. 7. La direttiva individua:

a. le motivazioni per l’adozione di misure finalizzate ad accrescere il benessere organizzativo;

b. le indicazioni da seguire per accrescere il benessere organizzativo;

c. gli strumenti per l’attuazione della direttiva.

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II. L’attenzione alle variabili critiche

Per assicurare il benessere organizzativo le amministrazioni devono prestare attenzione alle

seguenti variabili:

a. Caratteristiche dell’ambiente nel quale il lavoro si svolge

b. Chiarezza degli obiettivi organizzativi e coerenza tra enunciati e pratiche organizzative

c. Riconoscimento e valorizzazione delle competenze

d. Comunicazione intraorganizzativa circolare

e. Circolazione delle informazioni

f. Prevenzione degli infortuni e dei rischi professionali

g. Clima relazionale franco e collaborativo

h. Scorrevolezza operativa e supporto verso gli obiettivi

i. Giustizia organizzativa

l. Apertura all’innovazione

m. Stress

n. Conflittualità