Stress lavoro correlato

Stress lavoro correlato e benessere organizzativo

LA VALUTAZIONE DEI FATTORI PSICOSOCIALI: il JOB CONTENT QUESTIONNAIRE di R.A. Karasek

Baldasseroni A., Camerino D., Cenni P., Cesana G.C., Fattorini E., Ferrario M., Mariani M., Tartaglia R., "La valutazione dei fattori psicosociali. Proposta della versione italiana del Job Content Questionnaire di R.A. Karasek", Fogli d’informazione ISPESL, vol. 3, 2001 

(NOTA DELL'AMMINISTRATORE DEL SITO: LA VERSIONE ITALIANA DEL QUESTIONARIO E' SCARICABILE GRATUITAMENTE NELL'AREA RISERVATA. BASTA REGISTRARSI).

Introduzione

Nella maggior parte dei paesi industrializzati le continue trasformazioni economiche e lavorative hanno sollevato una nuova domanda di salute con cui gli operatori della prevenzione si trovano oggi a confrontarsi (11). Infatti, se la patologia da lavoro tradizionale ad eziologia monofattoriale (esposizione lavorativa abnorme a polveri, fumi, gas e vapori etc.) è in diminuzione, sono invece in aumento il disagio lavorativo e le patologie di tipo aspecifico, attribuibili ad una origine multifattoriale.

 

Le caratteristiche culturali e organizzative del lavoro acquistano crescente significatività per l'interpretazione del rapporto ambiente-individuo nell'eziologia delle malattie cronico-degenerative legate soprattutto alla sfera psichica, agli apparati cardiovascolare, locomotore e digerente.

 

Ciò premesso, il nuovo campo di ricerca della medicina del lavoro e delle scienze psicosociali sarà necessariamente orientato allo studio delle “work-related diseases” o malattie “lavoro-associate” a genesi multifattoriale. In questo contesto, la terziarizzazione delle attività produttive suggerisce ricerche sulle relazioni tra organizzazione del lavoro, stress occupazionale e malattie degenerative emergenti.

 

A tutt’oggi il modello fisio-patologico più studiato è quello delle malattie coronariche e, al proposito, sono stati invocati due distinti meccanismi di difesa: uno diretto e l'altro indiretto (9, 10).

 

Il meccanismo diretto presuppone distinti processi di attivazione e inibizione: l’attivazione corrisponde alla risposta “lotta/fuga” e alla reazione di “coping attivo” (ossia di far fronte) che si associa ad aumento dell’attività motoria, della gittata cardiaca e della secrezione di catecolamine e di cortisolo. In questo caso, gli esiti negativi della reazione da stress potrebbero essere favoriti da situazioni lavorative dove sia mantenuta nel tempo un’ attivazione generalizzata (arousal) (corrispondente alla mobilitazione energetica di lotta/fuga). Può essere il caso di mansioni sedentarie, caratterizzate da vari tipi di carico psicologico: eccesso di responsabilità, conflitti di ruolo, orari pesanti, irregolari o notturni, esposizione a rumore etc..  Anche un basso livello di stimolazione in relazione a compiti monotoni e ripetitivi è stato indicato come fattore di stress (sottocarico). Il meccanismo diretto (di inibizione) corrisponde ad una risposta passiva allo stress, definita come playing dead reaction (giocare a fare il morto) che si associa ad un aumento dello stato di allerta associato a inibizione dell’attività motoria, con vasocostrizione muscolare ed aumento della stimolazione vagale (coping passivo). Particolare attenzione è stata prestata all’identificazione degli hot reactors, ovvero soggetti con iperreattività biologica agli stimoli stressanti, che sarebbero i più esposti a sviluppare ipertensione arteriosa.

 

Il meccanismo indiretto si riferisce ad influenze dello stress riferibili all’induzione, mantenimento o peggioramento di abitudini di vita dannose come i disordini dietetici, il fumo di sigaretta, la scarsa attività fisica, i disturbi del sonno, etc.: fenomeni d’altra parte correlati ad un aumento dell’ansia.

 

Questo lavoro ha lo scopo di fornire ai ricercatori e agli operatori italiani il modello ed il metodo proposto da R.A.Karasek. per la rilevazione dei fattori di rischio psicosociale.


 

 

1. MODELLI DI STUDIO DELLO STRESS OCCUPAZIONALE

 

1.1 Considerazioni generali

 

Il termine stress viene utilizzato sotto diversi aspetti:

 

• come condizione ambientale

 

• come valutazione di una condizione ambientale

 

• come risposta ad una condizione ambientale (definizione di Selye)

 

• come discrepanza percepita tra le richieste ambientali e la capacità di farvi fronte, dove le conseguenze del fallimento sono percepite come importanti dal soggetto.

 

Molti autori hanno cercato di identificare i fattori che possono rappresentare degli stressors, cioè quegli eventi o condizioni ambientali che provocano stress. Questi fattori possono riguardare condizioni oggettive (turni, disoccupazione ed altro) e soggettive (percezione di eccessivo carico di lavoro, conflitti, ambiguità di ruolo, etc.). Altri autori hanno cercato di definire le caratteristiche essenziali del lavoro stressante. Un esempio ci viene dalla lista di Kasl che individua come aspetti caratteristici:

 

• la tendenza alla cronicità delle problematiche di lavoro

 

• il difficile adattamento alla situazione cronicizzata

 

• il fallimento nel rispondere alle richieste ambientali che porta a drastiche conseguenze (es: frustrazioni)

 

• il ruolo e le difficoltà lavorative che influenzano altre aree d’interazione umana (es: rapporti familiari), aumentando il rischio per la salute psicofisica.

 

In questi ultimi venti annisono stati sviluppati  modelli teorici di studio che tentano di concettualizzarela dinamica eziologica dello stress. Tra questi è opportuno ricordare il Person Environment Fit Model di French, Caplan e Van Harrison (13).  Questo modello, come quello di Karasek, è basato sulla definizione di Mc Grath della discrepanza tra ambiente e  persona.

 

Il Person Environment Fit Model di French,  Caplan e Van Harrison è stato sviluppato da un gruppo di psicologi sociali e del lavoro dell' Institute for Social Research dell' Università del Michigan, e si inscrive nella teoria del campo psicologico di derivazione "lewiniana" in cui il comportamento umano è funzione degli aspetti personali ed ambientali.  Infatti, per comprendere e descrivere il fenomeno stress,  si tiene conto non solo delle abilità, aspettative, motivazioni o rappresentazioni sociali della persona (P), ma anche dei fattori e delle variabili connessi all'ambiente (environment) lavorativo (E).

 

Il modello di French, Caplan e Van Harrison ha il merito di equilibrare la valutazione personale e soggettiva degli eventi stressanti con le dimensioni organizzative e le caratteristiche oggettive (competenze, attitudini, abilità professionali) delle risorse umane. Il modello P/E analizza i fenomeni secondo due punti di vista: il soggetto e l'ambiente.

 

Dal punto di vista del lavoratore viene studiata la relazione esistente tra i bisogni, le aspettative della persona e la possibilità che l'organizzazione ha di soddisfarli. Dal punto di vista dell'organizzazione vengono analizzate le capacità che ha il lavoratore di far fronte alle richieste lavorative. Il modello opera quindi una distinzione tra la valutazione soggettiva dell'individuo nei riguardi dell'ambiente in cui è inserito e della propria immagine lavorativa, rispetto alla valutazione oggettiva delle caratteristiche intrinseche al lavoro ed alla persona stessa.

 

Il modello ipotizza lo sviluppo di strain (simile alla nostra sollecitazione inteso come manifestazione a breve termine di stress a livello fisiologico, psicologico e/o comportamentale) quando c'è discrepanza tra le richieste dell'ambiente lavorativo e le abilità della persona a rispondervi. Lo strain sarà più elevato se c’è prevalenza delle richieste sulle capacità o discrepanza tra le aspettative della persona e le risorse ambientali disponibili per soddisfarle. Le richieste ambientali includono il carico di lavoro e la complessità del lavoro. Le aspettative includono il guadagno, la partecipazione e coinvolgimento, e l'utilizzazione delle abilità. Nell'ambito del modello quindi Person fa riferimento alla relazione tra bisogni, aspettative e possibilità di soddisfarli; Environment fa riferimento alla capacità del lavoratore di far fronte alle richieste lavorative.

 

La trasformazione del modello in un metodo di ricerca implica l'individuazione di dimensioni da misurare e di relazioni tra le dimensioni; le dimensioni più importanti sono:

  • caratteristiche dell'ambiente lavorativo: tipo di organizzazione, compiti o mansioni attribuite al singolo, regole e metodi di lavoro
  • caratteristiche della risorsa: competenza e professionalità, attitudini
  • valutazione soggettiva delle richieste oggettive dell'ambiente, influenzata da stati emozionali, motivazionali ecc.
  • valutazione soggettiva delle doti personali: valutazione di abilità, competenza, valore personale, cioè autopercezione delle potenzialità.

1.2  Il modello di Karasek e Theorell

 

Il modello di Karasek-Theorell per lo studio dello stress lavorativo percepito è stato sviluppato facendo riferimento a queste originali osservazioni. Prima del 1980 diversi studi avevano valutato alcune peculiari condizioni psico-sociali  come: carico di lavoro, conflitti di ruolo, alienazione, eventi stressanti di vita, alta responsabilità e bassa soddisfazione professionale, considerandole sia separatamente che in associazione con le malattie cardiovascolari (2,14,29).

 

Nel 1979  Robert A. Karasek pubblicò il suo primo studio sullo stress lavorativo percepito (21). Il suo modello originale suggerisce che la relazione tra elevata domanda lavorativa (job demand, JD) e bassa libertà decisionale (decision latitude, DL) definiscono una condizione di “job strain “ o “perceived job stress “ (stress lavorativo percepito), in grado di spiegare i livelli di stress cronico e l’incremento del rischio cardiovascolare. Le due principali dimensioni lavorative (domanda vs. controllo) sono considerate variabili indipendenti e poste su assi ortogonali. La job demand si riferisce all'impegno lavorativo richiesto ovvero: i ritmi di lavoro, la natura impositiva dell'organizzazione, il numero di ore lavorative e le eventuali richieste incongruenti. La decision latitude è definita da due componenti: la skill discretion e la decision authority: la prima identifica condizioni connotate dalla possibilità di imparare cose nuove, dal grado di ripetitività dei compiti e dall’opportunità di valorizzare le proprie competenze; la seconda individua fondamentalmente il livello di controllo dell’individuo sulla programmazione ed organizzazione del lavoro (23,24).

 

Il modello di job strain, è stato approfondito da J.V. Johnson e collaboratori negli Anni ‘80.  Sostanzialmente  è stata aggiunta una terza dimensione: la work place social support o social network (18,19). In accordo con questo modello il più elevato rischio di malattie cardiovascolari si è rilevato nei gruppi connotati da una elevata domanda lavorativa, da una bassa possibilità decisionale (DL) e da un basso supporto sociale da parte di colleghi e capi. Johnson e Stewart hanno anche elaborato una matrice che attribuendo punteggi medi delle componenti principali sopraesposte alle specifiche mansioni, era in grado di stimare l’esposizione a condizioni di job strain durante l’intera vita lavorativa o perlomeno per prolungati periodi caratterizzati da differenti attività lavorative (20).

 

Nella versione più concisa del questionario -11 domande- vengono valutati i rapporti esistenti tra entità della domanda imposta al lavoratore e la possibilità che questo ha di rispondervi e determinare liberamente le decisioni inerenti la mansione. Tramite questo strumento è comunque possibile individuare le classiche quattro condizioni di lavoro, caratterizzate da: high strain, elevata domanda con bassa libertà di decisione; passive, bassa domanda con bassa decisione (tipica di mansioni che non incentivano le capacità individuali con marcati livelli di insoddisfazione); active, elevata domanda con elevata decisione (occupazioni caratterizzate da un elevato grado di apprendimento e che impongono all’individuo un’intervento in tempi rapidi e con elevata resposabilità) e low strain, bassa domanda con elevata decisione (situazione lavorativa ottimale, in cui l’individuo può gestire in autonomia il suo tempo lavorativo).

 

Tuttora la teoria di Karasek sembra costituire uno dei modelli più attendibili nelle ricerche orientate alle valutazioni delle condizioni psicosociali del lavoro e delle relazioni tra stress e coronaropatie, fatica cronica (vital exhaustion), depressione, abuso di farmaci, assenze lavorative, infortuni lavorativi, disturbi muscolo-scheletrici, mortalità, problemi della sfera riproduttiva (22,25).

 

I limiti principali di questo modello sono:

  • appare difficile concettualizzare e rendere misurabile il concetto di "job control", che sembra riferirsi a diversi ma non ben definiti aspetti che hanno a che fare con l'autonomia;
  • non è sempre chiaro cosa Karasek intenda con i termini "interactions" e "joint effects" di richieste lavorative e ampiezza di decisione: la discussione va avanti ma non è stata ancora determinata l'esatta formulazione matematica dell'interazione;
  • il modello sembra troppo semplice perché il controllo non è l'unica risorsa disponibile per fronteggiare le richieste dell'ambiente; per esempio anche il supporto sociale collegato al lavoro può funzionare da moderatore delle richieste lavorative ambientali. In particolare la presenza di "altri" amichevoli sul lavoro sarebbe elemento positivo per il benessere psicologico dei lavoratori: vi è testimonianza in letteratura del fatto che il supporto sociale protegge dallo sviluppo di disturbi psicologici agendo contro stressors e avversità, promuove il benessere ed è terapeutico per chi ha già sviluppato sintomi di qualche genere.

Il modello di Karasek non è stato confermato dai risultati sperimentali anche se vi sono evidenze che alti livelli di autonomia sembrano attenuare l'esaurimento emotivo. Sul piano degli studi osservazionali, il modello di K. sembra dare i migliori risultati quando è usato in studi descrittivi per attribuire livelli di rischio su base di gruppo (mansioni, titoli di lavoro, categorie di lavoratori), piuttosto che quando viene usato in studi analitici che raccolgono informazioni attraverso questionari individuali volti ad indagare gli assi del modello nel singolo lavoratore.

 

Il modello e il questionario di Karasek sono stati applicati soprattutto nello studio delle patologie cardiovascolari, in particolare tra il 1981 e il 1993, sono stati pubblicati i risultati di ben 36 studi per lo più scandinavi e nord-americani, la maggior parte dei quali ha evidenziato una correlazione positiva tra job strain e malattie cardiovascolari (CVD) o le altre cause di mortalità, e tra job strain ed alcuni fattori di rischio cardiovascolare, in particolare l’ipertensione arteriosa. Per quest'ultima livelli di associazione maggiori sono stati trovati quando sono state adottate metodiche di controllo della variabilità (7,27). Una revisione sistematica delle evidenze è stata compiuta da Schnall, Landsbergis e Baker nel 1994 (28). Negli studi condotti su coorti maschili, le stime del rischio relativo connesse a differenti connotazioni di job strain variavano da 1.6, quando viene considerato come end-point la mortalità per tutte le cause, a 1.9 per la mortalità specifica CVD. Rischi relativi maggiori sono stati riportati per l'occorrenza di recidive in pazienti infartuati.

 

Per quanto concerne la consistenza dei risultati tra disegni differenti di studio, è stato rilevato che associazioni positive sono state ottenute sia da studi trasversali, sia da studi caso-controlli che da studi coorte. Degli otto studi coorte (dei quali sei hanno considerato come endpoint le CVD e due la mortalità per tutte le cause) sette hanno evidenziato associazioni statisticamente significative, diciassette dei trentasei studi sono stati realizzati su base di popolazione, garantendo in tal modo un’ampia generalizzabilità. Risultati consistenti sono stati anche riscontrati quando differenti tipi di CVD sono state considerate come outcome: CHD, mortalità o morbilità complessiva per CVD, infarto miocardico acuto (IMA), ricorrenza di IMA, e mortalità per tutte le cause. Inoltre associazioni positive sono state riscontrate in differenti gruppi occupazionali ed in entrambe i sessi. In circa undici studi ove è stato adottato il metodo indiretto di rilevazione del job strain, sette hanno riportato associazioni significative e due risultati non chiari. Purtroppo la maggior parte degli studi finora condotti si riferiscono a selezionati gruppi etnici del Nord Europa o degli Stati Uniti, ed i lusinghieri risultati ottenuti ne consigliano la replicazione in altri contesti socio-culturali.

 

Nella tabella 1 sono indicate altre aree tematiche di possibile uso.

 

Tabella 1 - Aree tematiche oggetto di ricerca in cui è stato utilizzato il JCQ in questi ultimi 10 anni. Sintesi relativa a 94 ricerche (da: www.wporkhealth.org)

 

Heart Disease

22

24

Musculoskeletal

17

18

Accidents/Work Place

6

6

General Psych. Disorder

17

18

Behavior

29

31

Psychological Assessment

20

22

Reproductive Complication

2

2

Immune System

2

2

Respiratory

2

2

Cancer

0

0

Productivity/Performance

3

3

Technol./Computer

1

1

Misc./Other

7

8

 

1.3 Algoritmi di calcolo dei punteggi globali delle scale

 

Diamo qui un breve riassunto delle successive versioni del questionario.

  • Quality of Employment Survey (QES) questionnaire: si tratta di un questionario usato dal Ministero del Lavoro degli Stati Uniti, tramite l’Università del Michigan, in tre diverse occasioni, nel 1969, 1972 e 1977 come strumento di conoscenza della realtà lavorativa di quegli anni. Consisteva di 9 item dedicati alla Decision Latitude, 5 items allo Psycological Work Load, 1 item al Physical Work Load, 3 item al Job insecurity, 4 item alla Supervisory Social Support, 5 (?) item alla Coworker Social Support. Complessivamente, quindi, il QES constava di 27 (?) item. Da quei dati e da quel questionario partirono alla fine degli anni settanta Karasek e coll. per costruire il Job Content Questionnaire (JCQ), creando, mediante l’uso dei risultati delle tre survey già condotte, un data-base di 4500 questionari da utilizzare come gruppo di riferimento nella valutazione dei risultati di altri gruppi di lavoratori.
  • Framingham Questionnaire: nel 198. Karasek fu richiesto di fornire un questionario che indagasse gli stressors per l’apparato cardiovascolare nell’ambito di una coorte di 4000 soggetti seguita fin dalla nascita nella contea di Framingham, Mass. Karasek elaborò quindi una versione a 27 item del JCQ, derivandolo dal QES, con alcune aggiunte e alcune sottrazioni, dovute alle specifiche circostanze d’uso. La versione del JCQ usata nel Framingham Study è composta da 9 item per la DL, 9 item per la Psy WL, 5 item per la Phy WL, 4 item per la Job insecurity, mentre non appaiono le due scale sul Social Support, quella del Supervisor e quella dei Coworkers.
  • JCQ standard 49 items: nel 1985 Karasek definisce la versione base del JCQ che si mantiene tuttora valida. In tale versione, che rappresenta un “mix” delle versioni del QES e del Framingham Study, si hanno 9 item per la scala DL + 1 item (skill level) per una scala detta di “skill underutilization”, 8 item per la Macro Level Decision Authority , 9 item per la Psy WL, 5 per la Phy WL, 6 item per la Job insecurity, 6 item per la Superv.SS, 6 item, infine, per la Coworker SS.

In appendice sono forniti in dettaglio i criteri per l’assegnazione dei punteggi delle singole sottoscale.

 

 

 

2. GLI STUDI IN ITALIA SULLO STRESS OCCUPAZIONALE BASATI SUL MODELLO KARASEK
 

Sono state approntate almeno tre edizioni italiane del questionario di Karasek.

 

La prima, ridotta, di 15 domande è stata tratta dal manuale messo a punto per lo studio dei fattori psicosociali nell'ambito del progetto MONICA-OMS (29).

 

La seconda versione, di 35 domande, è stata riconosciuta dall'autore e utilizzata dallo studio JACE nell'ambito dei programmi BIOMED della Comunità Europea (16).

 

La terza (6), è stata predisposta da ricercatori dell’ENEA di Bologna che, nel tradurla  dall’originale, hanno apportato gli adattamenti ritenuti più necessari per l’utilizzo del questionario in contesti lavorativi nazionali (in particolare nell’industria tessile e nel terziario). Questa versione rappresenta di fatto la “recommended version” di 49 items, articolata in 8 macrovariabili: 3 sulla dimensione controllo i cui items indagano su “giudizio circa le proprie capacità”, “potere decisionale in rapporto al compito specifico” e  “potere decisionale a livello di politica aziendale”;  3 sulla dimensione domanda i cui items indagano su “carico di lavoro psicologico”, “carico di lavoro fisico” e “insicurezza lavorativa” mentre le 2 restanti dovrebbero consentire valutazioni sugli aspetti relazionali (supporto sociale da parte dei superiori e supporto sociale da parte dei colleghi, rispettivamente). Vi è autorevole testimonianza in letteratura che, al di là delle due dimensioni fondamentali controllo e domanda, il supporto sociale sia da intendersi come ulteriore risorsa disponibile e come “modulatore” delle richieste che provengono dal contesto lavorativo. Nel 1998, la traduzione del “Recommended Format (49 questions): 6/94 - Rev. 1.5 del Job Content Questionnaire di R.A. Karasek, 1985” è stata sottoposta all’approvazione dell’autore e, attraverso l’invio della richiesta “back version”,  si è reso possibile il confronto con la versione originale.

 

La seconda e la terza  edizione sono  servite come base per la stesura della versione qui proposta.

 

Gli studi italiani (tabella 2) sono stati soprattutto di tipo epidemiologico per la valutazione del rischio cardiovascolare e muscoloscheletrico, ma anche di ricerca applicata finalizzata ad interventi ergonomici negli ambienti di lavoro. 

 

 

 

 

 

Tabella 2 - Alcune utilizzazioni del JCQ in Italia.

 

Autori

Oggetto dello studio

Risultati

Baldasseroni A., et Al. (1998)(1)

Valutare il carico di lavoro mentale in un campione di lavoratori addetti allo sportello di un ufficio postale

Visti 70 impiegati: postali addetti allo sportello operanti in quattro uffici postali della provincia di Firenze

  • Le donne hanno una maggiore tendenza a riferire il disagio rispetto agli uomini
  • I disturbi psiologici e psicosomatici sono più frequenti laddove è presente una situazione di high strain (alta domanda e bassa autonomia decisionale), di basso coinvolgimento nel lavoro e ridotta aspettativa
  • Si individuano uffici ad alto high strain in cui prevedere degli interventi preventivi

Ferrario M. et Al. (1996, 1999)

(7,8)

Studio dei rapporti tra malattie cardiovascolari e stress in un campione rappresentativo della popolazione del Nord Italia

  • La percezione dello stress aumenta con l’abbassamento del contenuto qualitativo del lavoro.
  • Risulta più elevato nelle donne e si configura come condizione di passività

Cenni P. et Al.

(1998)(10)

Linea di assemblaggio in industria tessile. Rapporto fra lavoro a cottimo (parcellizzato), stress percepito e sintomi psicosomatici riferiti.

Lavoratori indagati: 162

Strumenti di indagine: JCQ di Karsek,1985 (stress psicofisico); Analogo Visivo di Pennebacker, 1982

(disturbi funzionali)

  • Confermato il “basso controllo” al Karasek inteso come  impossibilità a “capire la mansione” a causa dei ritmi incalzanti.
  • Confermato il comportamento passivo dovuto a “forte resistenza al cambiamento” da parte dei lavoratori soprattutto a causa di insufficienti iniziative aziendali di trainings formativi.
  • La tensione generalizzata (da pressione temporale eccessiva) e i dolori al rachide inferiore  e superiore,  sono stati i sintomi più accusati.
  • Il basso supporto sociale da parte dei superiori confermerebbe le analisi organizzative pregresse nel senso che non vengono considerate le situazioni mutevoli segnalate ripetutamente dai lavoratori (automatismi e tempi di cottimo alterati).
  • Il risultato più interessante e utile dell’indagine è rappresentato dalle inizative che il datore di lavoro ha convenuto di dover mettere in atto per  migliorare la formazione dei quadri dal momento che, in realtà lavorative ad impostazione prevalentemente tayloristica, dove il contenuto del compito ottiene punteggi molto modesti al Karasek, il necessario significato deve essere ricercato nei rapporti sociali che si formano sul lavoro.

Camerino D. et Al. (1998)(3,4)

Relazione tra fattori psicosociali, carico lavorativo e disturbi muscoloscheletrici

Visti 1182 lavoratori:

personale ausiliario, infermieristico e tecnico di 3 grandi ospedali milanesi di cui 949 donne e 233 uomini

  • presenza di condizioni di lavoro inadeguate per il personale infermieristico,
  • elevata percentuale di soggetti che soffrono di disturbi a carico del rachide e di conseguente disabilità,
  • rapporti significativi tra i fattori psicosociali valutati con il JCQ, stati di affaticamento e stress valutati con la Subjective Rating Scale of Task Difficulty” di S. Kurimori e T. Kakizaki, la “Subjective rating scale of perceived exertion” di Borg (5) e la Mood Scale di Kjellberg e Iwanowski,
  • il carico fisico "movimentazione dei pazienti" è risultato essere il rischio principale per i disturbi a carico del rachide.
  • la prevalenza significativa di disturbi muscoloscheletrici tra i soggetti con problemi di “stress” o “tensione psichica” suggerisce che ad un cattivo adattamento lavorativo si associno condizioni di maggior carico fisico e psichico,
  • le differenze tra donne e uomini sono dovute probabilmente a diversa conformazione muscolo-scheletrica e alla diversa soglia di percezione del dolore.

 

 

 

 

In fase di valutazione del rischio nei contesti organizzativi il ricorso alla soggettività lavorativa, consentita da strumenti di autovalutazione come il Job Content Questionnaire di Karasek, ha il pregio di favorire soprattutto:

  1. la valutazione del grado di  stress occupazionale derivante dall’incongruenza fra impegno richiesto e possibilità di “gestire” questa tensione fra efficienza e salute, nel senso di evitare o ridurre  il rischio di disturbi funzionali a carico di organi o apparati;
  2. la percezione e individuazione delle condizioni ambientali (fisiche ed organizzative)nell’ambito dei diversi sistemi specialistico-funzionali (i vari reparti o gruppi di lavoro), da ottimizzare secondo le priorità  che emergono dall’elaborazione dei dati raccolti con gli strumenti di ricerca.

 

3. UNIFICAZIONE DELLE VERSIONI  ITALIANE

 

Le  traduzioni italiane di cui abbiamo parlato, pur risalendo a versioni originali differenti per epoca ed obiettivi d'impiego, hanno gran parte degli items in comune. È stata effettuata un'analisi fattoriale per accertare che il costrutto delle versioni italiane fosse equivalente a quello originale presentato dagli autori del questionario ed è stato determinato l'alpha di Chronbach per verificare che ciascun item fosse omogeneo agli altri items del raggruppamento a cui appartiene per la codifica del punteggio (principalmente il punteggio è suddiviso in percezione del: carico di lavoro psichico e fisico, lavoro stimolante-creativo o monotono-ripetitivo, padronanza e controllo sul proprio compito specifico, potere decisionale nell'ambito delle istituzioni aziendali e nelle associazioni sindacali, insicurezza sul futuro e la stabilità del proprio impiego, sostegno da parte dei colleghi e sostegno da parte dei superiori).

 

Alla versione dell'originale inglese (6/94 - Rev. 1.5). sono state affiancate entrambe le traduzioni italiane. L'analisi linguistica comparata si è avvalsa del parere di un'interprete di madre lingua ed è stata condotta insieme da tutti i membri del gruppo con l'attenzione rivolta a:

  • mantenere la traduzione più vicina possibile all'originale, anche nella sua formulazione sintetica, ma con aderenza alle modalità espressive della lingua italiana;
  • evitare espressioni che si prestino a differenti interpretazioni e significati (evidenziate, nelle versioni precedenti, da un peso fattoriale basso e distribuito su più fattori e/o causa di un abbassamento dell'alpha di Chronbach nel raggruppamento previsto);
  • evitare parole come "creativo", "autonomo", che vengono generalmente considerate come caratteristica intrinseca del tipo di professione esercitata, invece di essere intese come situazione personalmente sperimentata nel corso del proprio lavoro (per es: un infermiere non dirà mai che il suo lavoro è creativo, ma potrebbe rispondere affermativamente all'asserzione che deve spesso trovare soluzioni originali a situazioni impreviste). È stato quindi esplicitato il concetto sotteso a queste stesse parole;
  • modificare le voci su "livello educativo", "strutture a sostegno dei lavoratori" e "contratti d'assunzione" in base alla effettiva realtà italiana.

 

4. PROSPETTIVE DI RICERCA SULLO STRESS

 

Ad ogni fase storica di evoluzione delle organizzazioni  si è accompagnato l'uso di nuove macchine e/o tecnologie e ogni volta queste hanno comportato processi di adattamento dell'uomo (organizzazione scientifica del lavoro, meccanizzazione, automazione, informatizzazione ecc.). A tali processi la psicopatologia del lavoro ha attribuito un’ importanza connessa al “potenziale minaccia” che tali nuove tecnologie avevano nei confronti dell'identità sociale, del ruolo e della "soggettività" dei lavoratori. I nuovi modelli integrati del lavoro umano e in particolare dell’organizzazione del lavoro sempre più improntata sulla ricerca della qualità , hanno prodotto profonde modificazioni nelle attività lavorative.

 

Più generale e dal punto di vista della fisiologia del lavoro si sta passando progressivamente nel tempo da attività a carattere prevalentemente motorio ad attività a carattere prevalentemente cognitivo. Per questo motivo l'interesse delle "discipline del lavoro" si sta focalizzando progressivamente sulle caratteristiche umane (percettive, cognitive, relazionali) implicate dall'introduzione di sistemi flessibili automatizzati e autocontrollati. In questo contesto possiamo ipotizzare che la differenziazione del carico di lavoro conseguente all'introduzione delle nuove tecnologie, possa contemporaneamente provocare una maggior soddisfazione lavorativa come risultato di una risposta creativa che genera un maggior livello di controllo tra la persona e la realtà lavorativa, ma anche una sindrome da deprivazione o monotonia industriale dovuta all'automatizzazione di comportamenti di routine come conseguenza di risposte solite a richieste solite.

 

Gli studi psicologici sul carico di lavoro si sono concentrati essenzialmente sulla performance, cioè sulla prestazione che l'individuo può fornire in base alle sue capacità e al contesto lavorativo. E’ chiaro che un carico di lavoro "eccessivo", ma anche una sottostimolazione possono rappresentare un fattore di rischio e quindi essere causa di situazioni stressanti per il lavoratore.

 

Gli studi effettuati nell'ambito della medicina del lavoro hanno invece riguardato la condizione di stress in quanto effetto e risultato: si sono concentrati quindi sulla fase conseguente la performance, intendendola come valutabile nei termini di patologia nel caso di un carico di lavoro discrepante con le capacità del soggetto.

 

Appare quindi, in questo contesto, di fondamentale importanza avere dei modelli teorici di riferimento e degli strumenti validi per la valutazione del carico di lavoro e dello "stress" in ogni situazione lavorativa. Da una indagine svolta nel 1996 dalla Fondazione Europea di Dublino per il Miglioramento delle Condizioni di Vita e di Lavoro (15) è emerso che lo stress, dopo il mal di schiena, è il secondo problema tra quelli più frequentemente segnalati dai lavoratori europei. La stessa indagine evidenzia come la quota di lavoratori che utilizza strumenti informatici sia rilevante e in continua espansione. Circa il 20% dei lavoratori usa il computer come strumento base del proprio lavoro. In una epoca in cui si pensava che il taylorismo fosse in via di estinzione permangono ed hanno ancora  notevole diffusione le attività lavorative di tipo ripetitivo e monotono. Il notevole incremento dei ritmi e della velocità del lavoro oltre a essere determinato da una  maggiore competitività e anche conseguente al fatto che l'automazione, introdotta a blocchi  nei cicli lavorativi, ha determinato a carico dei lavoratori "superstiti", non ancora sostituiti dalle macchine, un aumento dei ritmi. L'incremento del ritmo di lavoro in questi ultimi venti anni è dimostrato anche da un aumento delle patologie da sovraccarico funzionale dell'arto da movimenti ripetitivi, come ad esempio la sindrome del tunnel carpale da data entry.

 

La capacità di problem solving ed il controllo integrato di qualità sono oggi le prestazione più frequentemente richieste ai lavoratori.

 

Altro elemento da considerare come possibile causa di stress è la precarietà del lavoro, determinata dall'incremento dei lavori atipici. In tale contesto, caratterizzato dunque da un aumento dei fattori di rischio di tipo organizzativo ed emozionali, è evidente che gli effetti dello stress/strain sui diversi apparati dell'organismo (cardiovascolare, psichico, metabolico ecc.) rappresentano oggi una delle cause più importanti di malattia e di assenza dal lavoro.

 

Tale situazione è aggravata in Europa anche dal fatto che la popolazione lavorativa ha una età media abbastanza alta (31% dei lavoratori ha più di 45 anni) e ciò non è un fattore favorente la capacità di adattamento alle mutate condizioni di lavoro o ai futuri ulteriori cambiamenti. Una ricerca condotta nel 1992 (26) sulle strategie di  prevenzione dello stress in un campione di aziende europee evidenziò come le attività preventive mirate all'individuo ed alla prevenzione secondaria (interventi sui casi di disagio iniziale) e terziaria dello stress (interventi sull'assenteismo per malattia) non fossero intraprese più spesso di quelle dirette all'ambiente di lavoro ed alla prevenzione primaria. Inoltre gli interventi erano più spesso rivolti a ridurre gli stressors di tipo fisico (es. rumore, inquinanti ambientali etc.) rispetto a quelli di tipo psicosociale (ritmi di lavoro, turni etc.). Tra i fattori che maggiormente sollecitavano i datori di lavoro ad affrontare il problema, venivano menzionati il "morale dello staff" e la normativa. Si trattava comunque di aziende medio grandi con disponibilità economiche e che ritenevano il benessere dello staff come una importante ragione per occuparsi del problema.  Il management era generalmente coinvolto e presente in tutte le fasi di gestione dell'intervento. Alla luce di queste considerazioni emerge sempre più evidente la necessità di promuovere ricerche sul carico di lavoro mentale e stress/strain. Tali ricerche dovrebbero indagare prevalentemente gli ambiti sino ad oggi più trascurati. La tabella 1, relativa agli impieghi del Job Content Questionnaire,  mostra quali sono stati sino ad oggi gli effetti più studiati dello stress. Mentre sono state svolte molte indagini per capire le relazioni tra stress, malattie cardiovascolari e ipertensione, poche ricerche sono state realizzate per valutare l'efficacia delle misure organizzative adottate per ridurre le condizioni di stress e conseguentemente le malattie derivanti. Tali ricerche sono forse quelle che nel campo preventivo occupazionale possono avere il maggior significato.

 

L'aver fornito agli operatori italiani della prevenzione di una versione unificata del Job Content Questionnaire, speriamo possa rappresentare una occasione di studio del problema ed una opportunità di confronto su basi più omogenee e ripetibili di quanto avvenuto sino ad oggi.


Appendice

(NOTA DELL'AMMINISTRATORE DEL SITO: LA VERSIONE ITALIANA DEL QUESTIONARIO E' SCARICABILE GRATUITAMENTE NELL'AREA RISERVATA. BASTA REGISTRARSI).

Criteri di assegnazione dei punteggi ai  49 ITEMS della versione italiana e modalità per la elaborazione

 

Significato del punteggio attribuito ai vari items

 

Considerando i 49 item della versione consigliata dagli autori, si può vedere come nella maggior parte dei casi le risposte consistano in quattro livelli di concordanza con le affermazioni riportate nell'item. I punteggi attribuiti vanno da 1 per l'opinione assolutamente discordante a 4 (o 5 nel caso dell’item 35) per quella decisamente concordante. Eccezioni a questa regola sono gli item 12, 15, 16, 33, 35, QIV 5§.

 

Item 12: Quante persone fanno parte del suo gruppo di lavoro: e' inserito nella sottoscala Macrolevel Decision Authority della scala Decision Latitude. La codifica proposta in cinque livelli consiste nel valore di 1 (lavoro da solo), 3 (da 2-5 persone), 8 (6-10 persone), 15 (11-20 persone), 30 (oltre 20). Un tale scoring da all'item un peso notevole nel punteggio complessivo della sottoscala e quindi della scala. La codifica utilizzata per i tre gruppi centrali consiste in un valore intermedio compreso nell'intervallo previsto in quella modalità  (es. 3 valore intermedio dell'intervallo 2-5). Non rispettano questo criterio la prima e l'ultima categoria che quindi assumono pesi di differente significato. Non viene spiegato il motivo di una scelta cosi' rilevante nello scoring di questo item.

 

Item 15: Uno dei miei compiti è quello di supervisionare il lavoro svolto da altre persone: item inserito nella medesima sottoscala. Le risposte vanno da 1 a 5 e non tengono conto del peso numerico delle modalita' (No; da 1 a 4 persone; da 5 a 10 persone; da 11 a 20 persone più di 20 persone).

 

Item 16: Faccio parte di un sindacato o associazione dei lavoratori: item inserito nella stessa sottoscala. Risposta dicotomica Si/No (5/1)

 

Item 33: Il mio lavoro si può considerare: item inserito nella scala della Job Insecurity. Lo scoring è 1,4,4,4,9. Vengono quindi considerate equivalenti le risposte centrali (Stagionale, con frequenti interruzioni, a tempo determinato). Il punteggio 9 è corrispondente “a dato mancante”, quindi non deve essere considerato nella elaborazione.

 

Item 35: Nell'ultimo anno, mi sono spesso trovato nella condizione di perdere il lavoro o di essere licenziato: il punteggio va progressivamente da 1 a 5

 

Item Q IV 5§: A prescindere dal titolo di studio da me posseduto, per svolgere il mio lavoro sarebbe necessario avere un titolo di: si tratta di un item facente parte della sottoscala skill discretion, parte della scala Decision Latitude. Il punteggio e' attribuito in base alla durata in anni del rispettivo titolo di studio. ATTENZIONE: il punteggio di tale item non rientra nel calcolo della sottoscala e quindi della scala della Decision Latitude. Il punteggio di questo item sottratto del punteggio determinato dagli anni di studio effettivamente svolti dal soggetto che risponde, contribuisce al calcolo della Skill Utilization, sottoscala che non e' direttamente utilizzata nel modello JCQ

 

Item 22 e 26: Mi è richiesto un lavoro eccessivo; Durante il lavoro sono sottoposto a richieste tra loro contrastanti: nell’originale in lingua inglese il senso della domanda appare esattamente opposto. Nell’algoritmo di calcolo della scala relativa si deve tenerne conto.

D.L. = Decision Latitude = Skill Discretion + Decision Authority

Si tratta della scala più estesamente usata nella sua forma standard. Si mantiene identica fin dalla versione nel QES. L’aggiunta di un settimo item (QIV-5§) alla sottoscala della Skill discretion non viene considerata nel calcolo del punteggio, avendo invece come scopo quello di calcolare il punteggio a una scala autonoma la Skill underutilization scale. Nel JCQ standard a 49 item vengono raccolti altri 8 items raggruppati nella sottoscala Macro-Level Decision Authority. Un confronto dei punteggi complessivi con quelli del data-base esistente prevede l’uso nel calcolo della DL delle sole prime due scale.

Skill Discretion = [Q3+Q5+Q7+Q9+Q11+(5-Q4)]*2           6 item   range 12-48

Decision Authority = [Q6+Q10+(5-Q8)]*4                            3 item   range 12-48

Decision Latitude Macro = [DL-Group + DL-Formal + DL-Union]/3 (*) range 2-8

(*) /2 se Q12 o Q16 = 1; /1 se Q12 e Q16 = 1

Decision Latitude -Group = [Q13A+Q13B]  (=missing value <recode to 0> se Q12 = 1)

Decision Latitude –Formal = [Q14+Q15]

Decision Latitude –Union = [Q17+Q18] (=missing value <recode to 0> se Q16 = 1)

Va aggiunto che nella versione QES alla domanda “Union Membership” (Q16) viene attribuito un punteggio di 1 se la risposta e’ NO e di 5 se la risposta  è SI

Skill Underutilization scale = [QIV-5§ - titolo di studio effettivamente posseduto] entrambi in anni.

J.D. = Job Demand = Psy.WL + Phy.WL

Questa scala risulta aver subito maggiori mutamenti nella sua composizione nel corso delle versioni. Infatti nel QES era composta da 5 items per il Psy.WL e 1 per il Phy.WL, mentre nella versione per il Framingham Study risultava composta da 9 item per la Psy.WL e 5 items per la Phy.WL. Tale versione veniva poi adottata nel JCQ a 49 items. Di seguito viene prima fornita la scala utilizzata nel QES, l’unica per la quale esistano valori di riferimento, e successivamente le integrazioni introdotte.

Psychol.Job Dem. = [(Q19+Q20)*3+((5-Q23)+Q22+Q26)*2]; 5 item; range 12-48

Physical Job Dem. = Q21; 1 item; range 1-4

Integrazioni per la versione di Framingham, inserite nel JCQ a 49 item:

Psycol.Job Dem. = [Q19+Q20 + Q22 + (5-Q23) + Q26 + Q27 + Q28 + Q29 + Q32]; 9 item; range 9-36

Physical Job Dem. (Phy.Exertion) = [Q21 + Q24 + Q25]; 3 item; range 3-12

Physical Job Dem. (Phy.Isometric Load) = [Q30 + Q31]; 2 item; range 2-8

S.S. = Social Support = Supervisor support + Coworker support

Più che rappresentare un’ ulteriore dimensione nel modello Job-Control-Demand la scala del supporto sociale serve per “controllare” in fase di analisi dei risultati per questo elemento, cioè per stratificare i questionari in funzione di un alto o basso supporto sociale al lavoro. Gli items Q50 per la sottoscala del Supervisor SS e Q55 e Q57 per quella del Coworker SS non sono calcolati nello scoring perché considerati domande-controllo. Infatti hanno lo stesso costrutto logico degli items  Q51 e Q56, Q58 rispettivamente, anche se le prime due con senso rovesciato.

Supervisor support = [Q48 + Q49 + Q51 + Q52]; 4 item; range 4 – 16

Coworker support = [Q53 + Q54 + Q56 + Q58]   4 item   range 4 – 16

Gli items 50, 55 e 57 non rientrano in alcuna elaborazione, ma sono utilizzati come domande di controllo in fase di valutazione di questionario rispetto agli tems 51, 57 e 58 (50 vs 51, 55 vs 56 e 57 vs 58.

J.I. = Job Insecurity

Job Insecurity = [Q33 + Q36 + (5 - Q34)]; 3 item; range 3 – 12

Job Insecurity 2 = [Q33 + Q35 + Q36 + (15- (Q34 + Q37 + Q38))]; 6 item; range 6 – 24

Karasek aggiunge poi una serie di scale ulteriori che esplorano altri importanti caratteristiche del soggetto sia da un punto di vista sociale sia da quello psicologico. Tuttavia tali scale possono essere sostituite da altre di significato equivalente oppure da scale scelte dal ricercatore autonomamente volte ad esplorare specifici aspetti inerenti il lavoro dei soggetti interessati alla raccolta di dati. Esiste infine un piccolo gruppo di items descrittivi delle caratteristiche demografiche e di lavoro che sono indispensabili per poter correttamente collocare il singolo soggetto nel gruppo di riferimento a lui omogeneo per le suddette caratteristiche. Di seguito elenchiamo tali items  che debbono obbligatoriamente essere presenti tra le informazioni raccolte dagli interessati se si vogliono poi compiere confronti corretti con la popolazione di riferimento.

Sesso  <1 = maschio, 2 = femmina>

Età  < anni>

Razza <1 caucasica, 0 = non caucasica>

Titolo di studio < anni >

Grandezza dell’impresa < numero di lavoratori presenti nello stabilimento o luogo di lavoro>

Mansione < Codice a tre cifre del censimento occupazionale statunitense>

Settore produttivo < E’ preferibile il codice SIC a tre cifre, ma anche codici più generici possono andare bene>

Vengono inoltre menzionate altre tre caratteristiche da raccogliere, il livello di guadagno in dollari/anno, la localizzazione nel sud, la localizzazione rurale. Tuttavia tali informazioni paiono relative alla sola realtà statunitense e non sono utilizzabili nel nostro paese. 


 

BIBLIOGRAFIA

  1. Baldasseroni A., Barbieri F., Cenni P., Fattorini E., Germani G., Ianniello G., Sgarella C., Tartaglia R.  La valutazione del benessere psicofisico.  Dati preliminari relativi a un campione di lavoratori addetti a sportello postale informatizzato. In Violante F, Sarchielli G, Depolo M (eds): Atti del seminario Fattori psicosociali, lavoro e salute. Cesena, 9-10 novembre 1998. Cesena: Il Ponte Vecchio, 1998: 101-106
  2. Berkman L.F.. Social network, support, and health: next step forward. Am. J. Epidem. 1986; 123: 559
  3. Camerino D., Molteni G, Finotti S., Capietti M., Molinari M., Cotroneo L., Morselli G.. La prevenzione del rischio da movimentazione manuale dei pazienti: la componente psicosociale. Med. Lav. 1999, 90, 2, pp. 412-427.
  4. Camerino D., Molteni G., Finotti S., Capietti M., Molinari M., Fadini K.. La prevenzione del rischio da movimentazione manuale dei pazienti: la componente psicosociale. In Violante F, Sarchielli G, Depolo M (eds): Atti del seminario Fattori psicosociali, lavoro e salute. Cesena, 9-10 novembre 1998. Cesena: Il Ponte Vecchio, 1998: 79-89
  5. Camerino D., Molteni G., Gelosa S., De Vito G., Simionato B., Fattorini E.. Psychosocial work factors and musculoskeletal disorders among health care personnel: a pilot study. In Environment and Neurological Diseases.  In  Meco A (ed.): Atti del congresso  Sapienza” Dipartimento di Scienze Neurologiche. Roma, 13-14 dicembre 1996, Roma: A & J SAS, 1998:
  6. Cenni P. et Al.  Influenze individuali e organizzative sull’insorgenza dello stress occupazionale nelle lavoratrici del comparto tessile.  Collana Legge 626, Inserto Redazionale al n. 47/98 di Nuova Rassegna Sindacale, 1998.
  7. Cesana GC., Ferrario M, Sega R., Milesi C., De Vito G., Mancia G., Zanchetti A.. Job strain and ambulatory blood pressure levels in a population-based employed male sample in Northern Italy. Scand J Work Environ Health 1996; 22: 294-305
  8. Cesana GC., Ferrario M.. L’ambiente di lavoro come sede di prevenzione della cardiopatia ischemica G Ital Cardiol 1999; 29,suppl 2: 80-85
  9. Cesana GC., Grieco A.. Methodology in workstress studies. In Wegmann HM (ed): Breakdown in human adaptation to stress. Dordrecht, Martinus Nijhoff Publishers, 1984, pp 606-622
  10. Cesana GC., Molteni G, Grieco A: Elementi di fisiologia del lavoro: la fatica industriale (stress). In  Sartorelli E (ed):Trattato di Medicina del Lavoro. Padova, Piccin 1981, vol I:125-137
  11. Cesana GC, Zanettini R, Ferrario M. Medicina del lavoro e terziario. In Molteni G, Cesana GC (eds): Lavoro, terziario e salute. Milano Masson, 1991
  12. Fattorini E., Camerino D., Molteni G., De Vito G.: Relazione tra fattori psicosociali, carico lavorativo e patologie di rilievo epidemiologico. In Violante F, Sarchielli G, Depolo M (eds): Atti del seminario Fattori psicosociali, lavoro e salute. Cesena, 9-10 novembre 1998. Cesena: Il Ponte Vecchio, 1998: 205-226
  13. Favretto G: Il modello P/E stress derivato: alcune applicazioni organizzative. In Salerno S, Tartaglia R. (eds): Atti del seminario nazionale La valutazione della fatica mentale nei luoghi di lavoro. Roma,  11 aprile 1997. Roma: SNOP-SIE-ENEA, 1997: 109-121
  14. Ferrario  M,  Cesana GC: Stato  socio-economico  e  malattia coronarica: teorie, metodi di indagine, evidenze  epidemiologiche e risultati di studi italiani. Med. Lav. 1993, 84:18-30
  15. Fondazione Europea di Dublino per il Miglioramento delle Condizioni di Vita e di Lavoro. Le condizioni di lavoro nell'Unione Europea. Rapporto 1996. www.europa.eu.int/agencies/efilwc/wceuen.htm.
  16. Houtman I, Kornitzer M, De Smet P, Koyuncu R, De Backer G, Pelfrene E, Romon M, Boulenguez C, Ferrario M, Origgi G, Sans S, Perez I, Wilhelmsen L, Rosengren A, Isacsson SO, Ostergren PO: Job stress, absenteism and coronary heart disease European cooperative study (the JACE study). Design of a multicentre prospective study. European Journal of Public Health 1999; 9: 52-57.
  17. Jan De Jonge et al. Testing the Demand Control Support Model among health-care professionals: a structural equation model. Work and Stress, 1996, vol. 10, n. 3, pagg. 209-224
  18. Johnson J.V., Hall E. M. Job strain, work place support, and cardiovascular disease. A cross sectional study of a random sample of the Swedish working population. Am J Public Health, 1988; 78: 1336.
  19. Johnson J. V., Hall E. M., Theorell T. Combined effects of job strain and social isolation on cardiovascular disease morbidity and mortality ina random sample of Swedish male working population. Scand. J. Work. Environ. Health, 1989; 15: 271.
  20. Johnson J. V., Stewart W. F. Measuring work organisation exposure over the life course with a job exposure matrix. Scand. J. Work. Environ. Health, 1993; 19: 21.
  21. Karasek R.A.. Job demands, job decision latitude, and mental strain. Implication for job redesign. Adm. Sci. Q. 1979; 24: 285
  22. Karasek R.A., Brisson C., Kawakami N., Houtman I., Bongers P., Amick B.. The Job Content Questionnaire (JCQ). An instrument for Internationally Comparative Assessments for Internationally Comparative Assessments of Psychosocial Job Characteristics. Journal Occup Health Psychology 1998 3(4): 322-355.
  23. Karasek R., Theorell T.. Health work, stress, productivity, and the reconstruction of working life. Basic Book, Inc., New York, 1990.
  24. Karasek R.A.. “Lower health risk with increased job control among white collar workers. J. Organ. Behav. 1990; 11: 171-85.
  25. Karasek RA, Theorell T.. Healthy Work: Stress productivity, and the reconstruction of working life.New York, Basic, 1990.
  26. Kompier K. and Cary Cooper C.. Preventing stress, improving productivity. European case studies in the workplace. Routledge London and  New York, 1999.
  27. Schnall PL, et al. ??. The relationship between job strain, alcohol and ambulatory blood pressure. Hypertension 1992; 19: 488-94
  28. Schnall PL, Landsbergis PA, Baker D. Job strain and cardiovascular disease. Ann Rev Public Health, 1994; 15: 381-411.
  29. WHO Regional Office For Europe. Consultation on psychosocial determinants of cardiovascular diseases. Report of the First MONICA Psycosocial Meeting, WHO draft 1752H, Copenhagen 1984