Stress lavoro correlato

Stress lavoro correlato e benessere organizzativo

 

9. IMPLICAZIONI E SUGGERIMENTI OPERATIVI

9.1 Ambito di applicazione. E’ internazionalmente accettato che il rischio stress lavoro-correlato può essere presente in qualsiasi organizzazione ed interessare tutti i lavoratori, a prescindere dalle dimensioni aziendali, dal comparto economico, dalla tipologia del rapporto di lavoro. Allo stesso modo è chiaro che non tutti i contesti organizzativi e non tutti i lavoratori sono necessariamente colpiti allo stesso modo dallo stress lavoro-correlato.

9.2 Specificità. E’ documentato l’effetto di modulazione tra stressori potenziali ed effetti sull’individuo di alcuni fattori. Alcuni di questi fanno riferimento a caratteristiche dei contesti organizzativi, altri a caratteristiche psicosociali delle persone interessate. Tali fattori devono essere considerati per garantire la sostenibilità e fattibilità operative. Lungo questo continuum da organizzazione a individuo si possono ricordare ad esempio queste specificità:

  • Dimensione dell’organizzazione. Comprende il grado di differenziazione organizzativa dell’azienda/ente o delle sue unità.

  • Sistema di relazioni sindacali. Comprende l’attenzione ai diversi livelli delle relazioni sindacali (contrattazione nazionale, decentrata, concertazione in sede di organismi paritetici territoriali).

  • Comparto economico. Comprende l’attenzione alle tecnologie e alle procedure organizzative eventualmente tipiche del comparto.

  • Sistema gestionale. Comprende l’attenzione alla presenza di strumenti preventivi come: percorsi di certificazione etica; azioni concrete per la Responsabilità Sociale dell’Impresa/ente; piano della sicurezza previsto dall’art.30 Dlgs. 81/2008; programmi di formazione continua; percorsi definiti di carriera; iniziative di comunicazione interna.

  • Tipologia del rapporto di lavoro. Comprende l’attenzione al grado di elevata precarietà e flessibilità occupazionale (ad esempio, mancanza di tutele, percezione di insicurezza, rischi correlati alla continuità lavorativa e all’identità professionale) .

  • Caratteristiche e distribuzione delle professionalità. Comprende l’attenzione alle famiglie occupazionali e ai livelli di professionalità presenti.

  • Caratteristiche differenziali relative ai lavoratori. Comprende l’attenzione a caratteristiche differenziali come età, genere, provenienza da altri paesi, specifiche fasi di transizione (ad esempio, ingresso o uscita dalla vita lavorativa).

9.3 Tipi di strumenti e misure

Con riferimento a quanto espresso al punto 6 del presente documento, vale la pena rimarcare che le misure delle dimensioni rilevanti per il Dlgs. 81/2008 e i relativi strumenti rappresentano dei supporti al processo ciclico di gestione del rischio psicosociale.

In tal senso occorre sottolineare, da un lato, l’esigenza di utilizzare strumenti che possiedano adeguate proprietà psicometriche, dall’altro lato, evitare la rincorsa alla ricerca dello “strumento perfetto”, usabile in tutte le occasioni, poiché tale tipo di strumento di fatto non esiste (va ricordato, per altro, che la maggior parte degli strumenti quantitativi sono nati più per motivi di ricerca che di un intervento organizzativo attuato secondo la prospettiva del Dlgs. 81/2008 ). Nella fase di identificazione (o pre-diagnosi) è opportuna una ragionata selezione da una lista di stressors potenziali (presenti nella letteratura scientifica internazionale e nazionale, nelle Linee guida e nei documenti europei) di quelli che possono costituire gli stressors tipici del contesto in esame. Tale operazione può richiedere l’uso di check-list: a) basate su fatti e relative ad aspetti caratterizzanti il lavoro e le condizioni di esecuzione (ad esempio, presenza/assenza di lavoro a turni); b) di natura valutativa e relative ad aspetti del lavoro e condizioni organizzative (ad esempio, la percezione del lavoratore di essere troppo sotto pressione); c) riferite a dati di archivio (ad esempio, uso dei database sul tipo di assenze). Nella fase di valutazione si devono considerare sia le priorità messe in evidenza in precedenza sia le caratteristiche del contesto ove si effettua la valutazione, al fine di scegliere nel modo più appropriato gli strumenti di misura che coinvolgano direttamente i lavoratori nel processo valutativo. Un ulteriore fattore situazionale (che riguarda anche la sostenibilità dell’intervento valutativo) di cui tenere conto nella scelta degli strumenti concerne in particolare le dimensioni aziendali. Ad esempio, nelle aziende di piccole dimensioni sono consigliabili strumenti di natura qualitativa, mentre nelle aziende di medie e grandi dimensioni sono utilizzabili surveys accanto a check-lists di natura osservativa e comportamentale. Nelle attività di survey va ricordato che tra i questionari disponibili (poco numerosi in lingua italiana) si possono distinguere questionari a largo spettro e questionari specifici. Per quanto riguarda poi la struttura, esistono questionari di diverso grado di standardizzazioneAppare necessario utilizzare soprattutto questionari dotati di validazione scientificamente affidabile (commercializzati da case editrici del settore o pubblicati in riviste scientificamente rilevanti), salvaguardando la possibilità di utilizzare con responsabilità e consapevolezza dei limiti strumenti ad hoc quando opportuni. Test psicometrici veri e propri possono essere utilizzati soprattutto per rilevare possibili esiti di esposizione allo stress lavoro-correlato.

9.4 Esemplificazioni di tipi di strumenti

Nell’attesa delle indicazioni procedurali che saranno emesse dalla Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro (art. 6 del d.l. 81/2008, come modificato dal d.l.106/2009), va ribadito che - come dimostrato nelle pagine precedenti - non esiste uno strumento che possa essere considerato il riferimento principe per la rilevazione dei dati percettivi per mezzo dei quali i lavoratori descrivono la propria situazione. Anzi, uno dei terreni in cui meglio si esprime la professionalità dello psicologo è la scelta della strumentazione più adatta a ogni specifica situazione. Per questo motivo è necessario che il settore professionale dello stress lavoro-correlato venga affrontato da psicologi con una adeguata formazione specifica, in grado di valutare costi e benefici degli strumenti disponibili e delle metodiche originali di indagine che sarà necessario creare o adattare alle singole situazioni. Ciò in particolare se si pone mente al fatto che sul mercato esistono strumenti con finalità e approcci molto diversificati. Si va da strumenti che si riferiscono al costrutto di clima o di salute organizzativi, ad altri che misurano classicamente il livello di stress, ad altri ancora che rappresentano auto-descrizioni delle caratteristiche della situazione di lavoro. E’ evidente che tali strumenti, anche quando rispettano gli usuali standard scientifici di validità e di attendibilità, offrono contributi diversi alla diagnosi dello stress lavoro-correlato, né sarebbe possibile pensarli come utili in ogni situazione o intercambiabili. Si possono tuttavia segnalare alcuni strumenti-tipo che possono fare da riferimento per chi volesse approfondire la propria competenza in questo settore. Le descrizioni seguenti vanno intese a titolo esemplificativo e senza intento di esaustività per quanto riguarda gli strumenti disponibili sul mercato, né di valutazione dei singoli strumenti.

Un esempio di strumento di diagnosi è l’OSI (Occupational Stress Indicator), destinato prevalentemente a manager e quadri (cfr. http://www.giuntios.it/ricerca.do?destPg=home.cat.alfab). E’ composto da 167 item, con somministrazione individuale o collettiva. Oltre a un questionario biografico consta di sei sezioni (soddisfazione lavorativa, salute psicologica e fisica, comportamenti orientati allo stress, interpretazione degli eventi quotidiani, fonti di pressione nel lavoro, modi di coping). Tra i più noti questionari finalizzati alla quantificazione della percezione di singoli aspetti della condizione lavorativa da parte del lavoratore c’è il JCO (Job Content Questionnaire) elaborato a partire dal modello teorico di Robert Karasek. Misura principalmente le dimensioni della Job Demand (impegno lavorativo richiesto) e della Decision Latitude (controllo sulla situazione). Ne esistono diverse versioni: quella classica (49 item in tre macro-aree: controllo; domanda ; aspetti relazionali) è stata tradotta e validata in Italia (cfr. http://www.ispesl.it/informazione/karasek.htm). Uno strumento recente è il Questionario Multidimensionale sulla Salute Organizzativa (MOHQ) (cfr. http://www.oisorg.it/strumenti/mohq/index.html), che ha obiettivo la misura di nove dimensioni considerate rilevanti per la salute organizzativa, sempre mediante dati autoriferiti dai singoli lavoratori. Si tratta di: dati anagrafici; comfort dell’ambiente di lavoro; dieci dimensioni della salute organizzativa; sicurezza ; caratteristiche del lavoro; indicatori positivi e negativi della situazione; disturbi psicosomatici; apertura all'innovazione; possibili suggerimenti. Una più recente misura del livello di stress sperimentato è data dall’ERI (Effort Reward Imbalance) (cfr. http://www.uni-duesseldorf.de/MedicalSociology/Effort-reward_imbalance_at_wor.112.0.html). Il modello teorico alla base è quello di Johannes Siegrist, secondo cui lo strain è il risultato di uno squilibrio tra sforzo/impegno – da un lato – e ricompense/risultati ottenuti – dall’altro. Anche in questo caso si tratta di una misura di self report basata (nella versione più diffusa) su 23 item organizzati in tre dimensioni: sforzo; risultato; iper-coinvolgimento.

Per tutti gli strumenti citati, i siti web di riferimento indicati contengono utili e aggiornati approfondimenti sulle caratteristiche costitutive dei modelli teorici di riferimento, sulle forme di validazione e sulla letteratura scientifica pubblicata che li ha utilizzati.