Stress lavoro correlato

Stress lavoro correlato e benessere organizzativo

 

5. LA VALUTAZIONE DEI RISCHI COME PROCESSO TECNICO E ORGANIZZATIVO

5.1 Approccio consensuale per fasi. La valutazione dei rischi lavorativi di tipo psicosociale non costituisce il risultato della semplice applicazione di strumenti di carattere oggettivo e percettivo per la misura dei fattori di stress e dei suoi potenziali esiti. Sulla scorta degli orientamenti europei e internazionali, essa rappresenta invece un processo sistematico che assolve a funzioni di carattere tecnico, ma anche di coinvolgimento dei vari attori sociali nell’obiettivo più ampio di valutazione, gestione e correzione dei rischi (5). Il cosiddetto “ciclo di controllo”, applicabile anche ai rischi di natura psicosociale, include sia la valutazione dei fattori di rischio in senso stretto sia elementi di gestione. Esso si articola in una serie di fasi che prevedono il preventivo coinvolgimento e consenso di tutti gli stakeholders (dirigenza, lavoratori e loro rappresentanti, medico competente e tecnici della prevenzione, esperti con competenze necessarie sul tema dello stress e non presenti in azienda) sin dall’inizio e lungo l’intero processo (processo ciclico di gestione del rischio psicosociale). Tali fasi (6) esplicitano un processo logico di diagnosi ed intervento che prevede:

“Fase 1. Individuare i pericoli e le persone a rischio. Individuare quali fattori sul luogo di lavoro sono potenzialmente in grado di arrecare danno e identificare i lavoratori che possono essere esposti a tali pericoli.

Fase 2. Valutare e attribuire un ordine di priorità ai rischi. Valutare i rischi esistenti (secondo la gravità, il grado di probabilità e di severità di eventuali danni, ecc.) e classificarli in ordine di importanza.

Fase 3. Decidere le azioni preventive. Identificare le misure adeguate per eliminare o controllare i rischi.

Fase 4. Intervenire con azioni concrete. Mettere in atto misure di protezione e di prevenzione attraverso un piano di definizione delle priorità.

Fase 5. Controllo e riesame. La valutazione dei rischi dovrebbe essere periodicamente rivista per essere mantenuta aggiornata”.

5.2 Adattamenti al contesto lavorativo. E’ importante sottolineare che l’approccio europeo al quale si fa riferimento (promosso in particolare dall’Agenzia Europea per la sicurezza e la salute sul lavoro) (7) fornisce indicazioni di ordine metodologico generale che possono essere tradotte con modalità operative differenti in funzione di un’accurata considerazione delle caratteristiche dei processi e dei contesti lavorativi, come ad esempio:

  • la natura e le dimensioni del luogo di lavoro (ad esempio, una sede fissa o una transitoria; un’azienda di piccole/medie o grandi dimensioni);

  • i tipi di processi lavorativi implicati (ad esempio, operazioni ripetitive, processi che si evolvono o che cambiano, lavoro altamente variabile in funzione delle richieste);

  • l'attività svolta e le condizioni di esecuzione (ad esempio, attività individuali o in gruppo, attività ripetitive, incarichi occasionali o a elevato rischio, struttura temporale dell’attività, ritmi);

  • la complessità tecnica dei processi o degli strumenti usati (che implicano ad esempio, gradi elevati di richieste cognitive, psicomotorie, emotive, comportamentali).

In sostanza, gli adattamenti metodologici necessari a rendere fattibile e sostenibile un adeguato processo di valutazione di rischi si giustificano in rapporto alla specifica natura dei contesti e dei processi lavorativi in atto. Ciò che appare indispensabile è assicurare che la valutazione e la gestione dei rischi non rappresentino il semplice adempimento di un “obbligo di legge”, ma siano inserite in un processo di miglioramento delle condizioni di lavoro, frutto del consenso tra le parti circa la necessità:

  • di coinvolgere tutti gli attori organizzativi nella progettazione dell’intervento e nel suo svolgimento;

  • di pianificare in modo accurato e trasparente le fasi del processo, compresa la fase di scelta degli strumenti di misura più appropriati al contesto organizzativo in esame;

  • di indicare soluzioni concrete basate sull’evidenza scientifica e specifiche per il contesto organizzativo, con priorità data ad interventi collettivi e organizzativi per affrontare i rischi psicosociali alla fonte.

La suddetta prospettiva appare di diretto interesse anche per gli psicologi professionisti che, a vario titolo, possono offrire consulenza alle organizzazioni per l’espletamento in generale degli obblighi inerenti la sicurezza lavorativa e, in particolare, di quelli relativi all’analisi e valutazione dei rischi di stress lavoro-correlato. Pertanto, il modo di organizzare l’azione professionale di consulenza richiede una coerenza con il processo sociale e organizzativo sopra-esplicitato, che porta a escludere interventi parziali, ad esempio esclusivamente basati sull’utilizzo di un singolo strumento di rilevazione e, comunque, non coordinati con le finalità e le fasi del processo di valutazione.