Stress lavoro correlato

Stress lavoro correlato e benessere organizzativo

 

POSSIBILI INTERVENTI PER DIMINUIRE IL DISAGIO

Quali interventi sono possibili con l’obiettivo di minimizzare le possibilità di disturbi psicologici dovuti all’esposizione a situazioni o eventi stresso geni sul lavoro e promuovere competenza e benessere tra le forze di Polizia?

Procedure adeguate in corso di selezione e addestramento possono essere efficaci nel prevenire lo sviluppo di disturbi connessi allo stress lavorativo. In generale, l’esperienza dell’addestramento permette ai poliziotti una maggior efficacia nell’affrontare situazioni problematiche attraverso l’uso di modalità di fronteggiamento come rimanere mentalmente distaccati, controllare le risposte emotive, accettare le proprie responsabilità ed effettuare una rivalutazione positiva della situazione (Violanti, 1993).

Anche il monitoraggio dello stato psicologico degli agenti di Polizia è fondamentale. In Italia, la Direzione centrale di Sanità della Polizia di Stato, attraverso il proprio Centro di neurologia e psicologia medica, ha tra i propri obiettivi primari la tutela della salute mentale del personale di Polizia. Dopo l’iniziale valutazione psicodiagnostica che viene effettuata all’atto delle prove concorsuali, si svolgono controlli clinici periodici nei confronti degli operatori di Polizia che, nel corso del loro servizio, abbiano sofferto di patologie psichiatriche o che comunque abbiano manifestato chiari segni di stress, ad esempio malesseri generalizzati ricorrenti, insonnia, assenteismo, disinteresse verso il lavoro, perdita di sentimenti positivi verso i colleghi, cinismo, rigidità di pensiero e di comportamento o, addirittura, tendenza all’irritabilità e all’aggressività (Cuomo e Mantineo, 2001).

Un’altra tipologia di interventi è orientata a gestire meglio lo stress e nel contempo a migliorare la prestazione. All’inizio degli anni Settanta Suinn (1972) sviluppò la tecnica denominata VMBR (Visuo-Motor Behavior Rehearsal), studiata per applicazioni in ambiti sportivi, poi trasferita nella formazione ai corpi di Polizia con l’obiettivo di migliorare le prestazioni nelle situazioni critiche. La tecnica combina un rilassamento progressivo, esercizio mentale e raffigurazione mentale delle proprie prestazioni, al fine di controllare il carico emotivo e di migliorare le performance. Shipley e Baranski (2002) nel loro studio hanno sottoposto al VMBR un campione di reclute della Polizia dell’Ontario, prima della simulazione di un possibile scenario di un agente di Polizia in servizio. Il particolare potenzialmente stressante della simulazione consisteva nel passaggio repentino da una situazione di routine (ad esempio fermare un veicolo per eccesso di velocità) a una in cui viene minacciata l’incolumità dell’agente (ad esempio i personaggi del veicolo iniziano a sparare in direzione dei poliziotti). I risultati di questa ricerca dimostrano come il training con VMBR possa ridurre lo stato d’ansia e migliorare le prestazioni in situazioni di stress provocato da contesti potenzialmente mortali. Il training quindi avrebbe la capacità di migliorare la valutazione dello stimolo ambientale e le aspettative sulle proprie prestazioni (Salas et al., 1996).

Fra gli interventi che invece si occupano di minimizzare i rischi successivi a traumi, la strategia più popolare è il debriefing. I risultati delle ricerche non sono univoci: non sempre si osservano miglioramenti dovuti all’intervento nei sintomi correlati allo stress tra il gruppo che ha preso parte al debriefing e quello di controllo (Matthews, 1997; Carlier, Voermar e Gersons, 2000). Tuttavia, l’effetto di questi interventi non è tanto da osservare in un miglioramento dei sintomi conseguenti allo stress, ma in una maggiore consapevolezza delle reazioni agli eventi, emozioni e sintomi percepiti dai soggetti stessi: ovvero, il coinvolgimento nel debriefing può intensificare il livello di stress riportato e percepito dai soggetti. Ciò deriva dalla componente psicoeducativa di questo tipo d’intervento, che tende ad accrescere nei partecipanti la consapevolezza delle proprie reazioni allo stress (Matthews, 1997).

Il debriefing dopo un incidente (Critical Incident Stress Debriefing/CISD) consiste nel fornire aiuto e assistenza subito dopo la crisi in modo da poter prevenire la comparsa o il mantenimento di problemi più seri. Una ricerca ha verificato in che modo il debriefing possa essere un valido intervento nelle esperienze stressanti acute, come quelle che si verificano quando si è colpiti da un’arma da fuoco. Leonard e Alison (1999), confrontando due gruppi di poliziotti coinvolti in sparatorie, il primo sottoposto a CISD e il secondo di controllo, hanno notato una riduzione nei livelli di rabbia e un maggiore uso di strategie di coping adattive.

Nell’affrontare gli Incidenti Critici Professionali, la prassi ha fino a oggi dato assoluta prevalenza all’aspetto disciplinare più che a quello dell’intervento psicologico. Un programma specifico in Italia è rivolto ad aiutare i poliziotti dopo gli incidenti critici professionali, quali conflitti a fuoco che provocano la morte di colleghi o di terze persone, le attività di soccorso relative a disastri di grande portata, il suicidio di un collega, lo svolgimento di alcuni tipi di attività investigative come, ad esempio, quelle relative a reati contro i bambini, il ricevere minacce o attentati indirizzati alla propria persona o a familiari a causa dell’attività istituzionale svolta. Lucchetti (2003) fa notare come i programmi di sostegno psicologico al personale di Polizia debbano essere di tipo cognitivo-comportamentale proprio perché si riferiscono a processi più immediatamente percepibili e interpretabili e come debbano essere opportunamente proposti dato che negli ambienti di Polizia l’acronimo P.S.I. (che sta per Psicologia, psichiatria, ecc.) viene interpretato come sinonimo di S.P.Y. (spia) per indicare la sensazione di essere indagati che hanno gli operatori quando vengono a contatto con gli esperti di salute mentale.  Secondo Lucchetti (2003), la comunicazione fra pari e con i «supervisori» rappresenta un fattore di protezione nei confronti dello stress, in particolare per quanto attiene allo stress acuto da eventi critici in cui il supporto di «pari» adeguatamente formati all’interno di un programma di gestione di tali eventi risulta valutato positivamente dai poliziotti. In tali contesti di criticità si è rivelato altrettanto importante il ruolo giocato dai «capi», in quanto si è visto che una loro attenta gestione delle sequele dell’incidente produce una significativa diminuzione delle problematiche psicologiche fra i loro dipendenti traumatizzati.

Tuttavia, anche percorsi formativi e seminari interattivi con psicologi di Polizia sulla gestione dello stress in situazioni critiche e sulle abilità di team building possono essere tutte utili attività di prevenzione e sostegno per rendere gli agenti maggiormente competenti ed efficienti nel loro lavoro (Amaranto et al., 2003). Per quanto riguarda i comportamenti a rischio di salute (ad esempio abuso di alcol, ecc.), è auspicabile la collaborazione fra la professionalità sanitaria storicamente presente nella realtà delle Istituzioni a cui fanno capo le forze di Polizia con quella degli psicologi. Inoltre, lo sforzo per modificare stili di vita non salutari, o rinforzare i comportamenti igienicamente corretti, può al momento essere concentrato durante i corsi di formazione di base e quelli di specializzazione e aggiornamento a cui periodicamente partecipa il personale delle forze di Polizia.