Stress lavoro correlato

Stress lavoro correlato e benessere organizzativo

STRESSOR LEGATI AL CONTENUTO DEL LAVORO

Violanti e Paton (1999) descrivono gli agenti di Polizia come una sorta di soldati della guerriglia quotidiana che si svolge nelle nostre città, dove i nemici sono spesso difficili da riconoscere e gli attacchi sono inaspettati. Il poliziotto deve tenersi pronto a lottare in ogni momento [...] percependo un continuo senso di pericolo proveniente da un nemico sconosciuto [...]. Mentre il soldato si trovava in guerra per un periodo non inferiore ai nove mesi, il poliziotto alterna la violenza della strada (ad es. sparatorie, vedendo morti e trattando con bambini abusati) alla normalità quotidiana della vita civile. (Violanti e Paton, 1999, p. 5). In questa «battaglia civile», l’ambiente del lavoro in Polizia è denso di morte: la presenza e l’utilizzo di armi, la richiesta di sacrificio da parte della società, lo sviluppo (durante l’addestramento e durante il servizio) di una credenza secondo la quale la minaccia, il danno o la morte sono onnipresenti. Secondo gli studiosi (Mayhew, 2001; Patterson, 2001), gli eventi critici nel lavoro di Polizia potenzialmente in grado di scatenare DSPT possono essere i seguenti:

  • AGGRESSIONE SUBITA. Mayhew (2001) riporta le seguenti caratteristiche comuni nelle aggressioni a danno dei poliziotti durante il servizio: avvengono durante arresti, imprigionamenti o facendo la scorta, le ferite riguardano la testa, le braccia, il tronco o il viso. Un minore tempo di servizio, un minore livello di istruzione e di grado sono correlati a un rischio maggiore. Ciò è dovuto probabilmente a tre ragioni: i poliziotti con esperienza sono promossi supervisori, ai poliziotti più giovani vengono con più frequenza assegnati compiti più a rischio, i poliziotti con minore anzianità di servizio sono meno abili nel riconoscere segnali di pericolo e situazioni a rischio. Mayhew (2001) rileva che le seguenti caratteristiche comuni agli assalitori dei poliziotti sono simili in tutti i Paesi occidentali: sesso maschile, età compresa fra i 15 e i 29 anni, alcolista o tossicodipendente, disoccupato o lavoratore in un’occupazione a basso status, precedenti penali, provenienza da un ambiente familiare violento.
  • UCCISIONE E FERIMENTO DI TERZI. Un’ampia letteratura in merito sostiene la teoria della percezione del pericolo: l’uso della forza da parte della Polizia dipende dalla contingente esperienza (percepita o reale) del pericolo. MacDonald et al. (2001) modificano questa teoria dimostrando che l’uccisione di civili da parte degli agenti è funzione della violenza percepita nella società: il loro modello assume che ci sia una forte relazione temporale fra alcuni tipi di omicidi criminali (in particolare omicidi legati alle rapine e alle aggressioni a civili rispetto a omicidi passionali) e l’uccisione di civili da parte della Polizia. Le vittime degli omicidi causati dai poliziotti sono tendenzialmente persone di basso status sociale e ciò sembra dovuto sia al bias che associa le minoranze alla violenza sia al fatto che le minoranze sono in realtà maggiormente coinvolte in attività criminose. Il «suicidio attraverso un poliziotto» (suicide by cop) è un incidente che avviene nel momento in cui un individuo con intenzioni suicide manipola la situazione in modo che possa essere ucciso dai poliziotti. Studi nordamericani dimostrerebbero che, nel contesto statunitense, questo fenomeno avrebbe proporzioni non trascurabili con un conseguente impatto psicologico sul poliziotto.
  • SITUAZIONI A RISCHIO DI MORTE. Southwick (1998) compie un’analisi statistica sul rischio di omicidio e morte accidentale nel lavoro in Polizia raccogliendo dati riguardanti il periodo compreso fra l’inizio degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Novanta. I risultati ci dicono che il lavoro del poliziotto era ad alto rischio di omicidio nei primi anni considerati in questo studio, ma che poi il rischio è andato progressivamente decrescendo fino a diventare inferiore alla popolazione generale. Il rischio di omicidio aumenta, secondo Mayhew (2001), compiendo operazioni quali lavoro in incognito, conducendo arresti, compiendo irruzioni in operazioni antidroga, intervenendo in liti domestiche o inseguendo automobilisti a forte velocità. Sono invece più rari gli spari non intenzionali maneggiando le armi da fuoco. La ricercatrice sottolinea tre comuni caratteristiche di questi omicidi: la maggior parte degli assassini ha disturbi di personalità, i poliziotti vittime utilizzano la forza come ultima risorsa e gli omicidi sono spesso preceduti da errori nelle procedure stabilite. Comunque sembra che il numero degli omicidi rimanga relativamente costante nonostante i crescenti livelli di disponibilità di armi da fuoco e droghe. Ciò potrebbe essere dovuto a un maggiore addestramento, alle tecnologie mediche e alle più sofisticate protezioni per il corpo.
  • IL SUICIDIO DI UN COLLEGA. Loo (2001) riporta che le reazioni dei colleghi alla notizia del suicidio di un collega poliziotto comprendono un mix di tutti quei sintomi che comunemente coinvolgono le persone vicine a un suicida: shock alla notizia, angoscia, sentimenti di impotenza, depressione, abbandono, solitudine, sensi di colpa per non aver saputo prevenire la morte, pensieri di suicidio (effetto contagio), abuso d’alcol e di droghe, alterazione nell’assunzione di cibo e nel sonno, disfunzioni sessuali, rabbia nei confronti del suicida, del dipartimento di Polizia, degli altri colleghi o dei media, assenteismo, perdita di interesse nel lavoro, famiglia e altri campi.
  • MALATTIE TRASMISSIBILI. Mayhew (2001) riporta che le aggressioni sopra citate possono produrre oltre che ferite anche infezioni, fra cui le più comuni sono epatite B o infezione da HIV (anche se in quest’ultimo caso la percezione del rischio supera di molto la probabilità). Secondo la ricercatrice un tipo di lavoro ad alto rischio di contagio è la perquisizione di persone tossicodipendenti, le quali possono utilizzare aghi nascosti oppure ricorrere a morsi, sputi o vomito. La ricercatrice, inoltre, cita un’indagine effettuata in Australia nel periodo fra il 1981 e il 1991 in cui si sono identificati 7 casi di AIDS e 31 di epatite B trasmessi durante il servizio.
  • SEQUESTRI, PRESA DI OSTAGGI E BARRICAMENTI. Feldmann (1998) asserisce che queste situazioni sono molto stressanti e ad alto rischio di decesso. Egli suggerisce che un buon addestramento nella scelta di una soluzione praticabile e sicura è necessario in caso di fallimento per evitare un impatto negativo sul proprio senso di competenza, sentimenti di colpa e inadeguatezza, o identificazioni con coloro con cui sono avvenuti i negoziati.
  • INTERVENTI IN STUPRI, VIOLENZE E ABUSI. Questi eventi richiedono un intervento più «clinico» e sono a forte rischio di stress traumatico secondario. Le agenti di Polizia di sesso femminile sono le più esposte a questi eventi. Altri eventi come gli attacchi terroristici, i disastri naturali o provocati, i gravi incidenti stradali possono innescare sul momento un’angoscia traumatica e/o una reazione di stress acuto che, nel lungo termine, può evolvere nel DSPT.